Agostino Orizio: la vita, la fede e la musica a dieci anni dalla morte
Nella ricorrenza del decimo anniversario della scomparsa del maestro Agostino Orizio, il Festival Pianistico lo ricorda con un concerto oggi alle 20 nella chiesa di sant’Agata, a Brescia. La memoria del suo pensiero è affidata a questo testo, che il musicologo Giacomo Fornari ha scritto per ricordare il maestro, e che sarà inserito nel programma di sala del concerto. Lo anticipiamo per gentile concessione del Festival Pianistico.
«In Bach si trova una gran fede e la sua musica invita alla rettitudine: per questo mi piace molto e per questo ho dedicato sempre molta attenzione nei confronti di questo grande della musica classica» così una volta mi diceva in un colloquio privato il maestro Agostino Orizio, aggiungendo: «In Bach l’orchestra, i solisti sono scoperti, per questo è una grande scuola. Non si può dissimulare, non si può mentire, non si può barare. Gli esecutori sono nudi e possono essere solo umili servi della partitura».
Vita in musica
Con Agostino Orizio i dialoghi erano sempre un misto di aneddotica di vario tipo, con episodi anche molto divertenti, ma l’espressione umana della musica era sempre il contrappunto di ogni discorso. Lui che era l’ultimo rampollo di una dinastia musicale bresciana – e che poi di fatto non lo sarebbe stato, visto che alcuni dei suoi figli sono oggi persone di rilievo nel mondo musicale contemporaneo – era immerso nell’elemento sonoro in toto o quasi. Anche i suoi paragoni, le sue impressioni non facevano mai riferimento a perifrasi sportive, calcistiche o altro, ma si rifacevano solamente alla musica. Ricordo che dopo una celebre esecuzione del concerto BWV 1042 di Bach presso la chiesa di San Giuseppe con Uto Ughi diceva: «dopo che si suona (si noti il si suona, non si dirige) una simile partitura è difficile pensare che non ci sia qualche cosa lassù».
Fede e azione
Il discorso – eravamo diretti in automobile con tranquillità da Brescia a Torino – ha coperto una lunghissima strada, tanto da non esserci accorti di essere restati imbottigliati in coda. Il discorso del maestro, partendo dalla musica, arrivava oltre: «Sai Giacomo, io sono certo della mia fede incrollabile e questo mi dà una grande serenità. Io potrei morire ogni giorno e per me quel giorno non sarebbe assolutamente un fatto drammatico. Non perché sia un santo – sicuramente non lo sono – ma perché la mia fede è qualcosa di operativo, è un modo di essere e di agire nella società. Ogni sera mi chiedo cosa posso avere sbagliato e come posso riparare alle mie piccole e/o grandi mancanze. Poi la musica mi aiuta a fare il resto. Sia che io stia dirigendo un concerto di Mozart, sia che io stia suonando o preparando qualche cosa, prendo il mio lavoro come un modo per dire grazie a qualcuno lassù che ci ha creato e ci ha donato la gioia di vivere. In parole povere credo che la musica ci sia stata data per tessere le lodi ad un essere grandioso ed inspiegabile». Il discorso è andato su Platone, sulla musica come dono divino, sull’universo come concerto cosmico.
Il Festival
Il maestro annuiva e subito replicava: «Sono convinto che la musica sia un dono... Anzi no, una grazia e una volta, Giacomo, vorrei che tu scrivessi ordinatamente questi pensieri per divulgarli dopo la mia morte... Come ti dicevo morirò in assoluta serenità grato a Dio e alla Madonna di avermi concesso la grazia di lavorare con una disciplina che io amo sopra ogni cosa: la musica. La musica che prescinde dalle grosse o dalle piccole destinazioni. Mi ricordo che da ragazzo, con le braghette corte, andavo a suonare al convento delle suore operaie di Botticino. Per me non è importante dove e perché si suona, per me è importante il servizio che facciamo con le nostre azioni. Alcuni pensano che il Festival Pianistico sia una grande azienda, una kermesse dove solo i nomi altisonanti contano... E invece no! Per me il Festival è un luogo quasi immaginario, nato per fare festa alla figura che più mi ha formato e più mi ha donato con la sua arte: Arturo Benedetti Michelangeli».
Benedetti Michelangeli
Parlare del Maestro di tutti i maestri non era mai facile, mentre era invece facile che talvolta Agostino Orizio perdesse la pazienza parlando del tema: «Troppe menzogne, troppe persone che parlano senza sapere o sapendo parzialmente quello che lui a fatica – non era certo uomo di molte parole – voleva lasciar trapelare. Io conosco il vero motivo perché il Maestro se ne era andato, la questione dei soldi e della Guardia di Finanza era solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ma non è stata la vera ragione, che invece va trovata nella sua vita privata. Ma lasciamo perdere. Il Festival era nato come un’iniziativa “una tantum” per fare omaggio al maestro per festeggiare le sue “nozze d’argento” con la didattica: avevamo visto, infatti, che erano passati venticinque anni dal suo primo insegnamento e l’occasione era troppo importante per non essere festeggiata. Detto, fatto. Ho chiamato alcuni miei colleghi ex allievi, abbiamo aggiunto un recital del Maestro e poi è stato lui stesso, soddisfatto dell’esito positivo, a propormi di proseguire sulla strada rendendolo un appuntamento fisso. Oltre a Bergamo, si pensava in un primo tempo anche alle città vicine come Cremona e Verona. Alla fine, dopo tante riflessioni, abbiamo trovato un equilibrio ideale nel binomio Brescia-Bergamo».
Bach e Mozart
Dopo altre esternazioni, ricordi, inquietudini («Sai Giacomo so già che quando me ne andrò avrò un’agenda piena di sogni non realizzati, ma la gioia viene da quello che si ha fatto, non da ciò che non si è riusciti a fare») due parole su Mozart: «Se Bach è la realizzazione del pensiero divino nella musica, Mozart è la sua sublimazione. Mozart è un essere divino che ci ha lasciato tanta musica di straordinaria bellezza. Sono certo che anch’egli pensasse alla musica come un dono per rendere l’umanità più felice. Se la musica di Bach avvicina Dio agli uomini, quella di Mozart porta l’uomo a Dio. Immaginati una scala lunga lunga che porta tutti in paradiso... una chiave d’accesso. Quando dirigo la Messa solenne in do min., il Requiem o l’Exsultate, jubilate mi sento piccolo piccolo, ma questo sentirmi piccolo piccolo è il segno della grandezza di questo compositore».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@I bresciani siamo noi
Brescia la forte, Brescia la ferrea: volti, persone e storie nella Leonessa d’Italia.
