Aggressivi e suadenti, gli Skunk Anansie trascinano Campo Marte
Picchiano forte e duro gli Skunk Anansie, con la frontwomen Skin che si occupa di dispensare, ogni tanto, incredibili dolcezze con la sua vocalità ampia e magnetica. Hard-rock alternativo potente, quello della band britannica, in grande spolvero ieri all’Arena Campo Marte per il secondo appuntamento del Brescia Summer Music: fatto perlopiù di scariche, di accessi sincopati e distorsioni stridenti, di stordenti cavalcate asincrone alternate a inattese melodie, ad ogni modo latore di una propria singolare epica. Su tutto, la voce splendidamente cangiante e carismatica – aggressiva e suadente allo stesso tempo – di Skin, che pure alle soglie dei cinquantotto anni ha saputo regalare vibrazioni esaltanti a un pubblico di 3.300 spettatori, testimoni diretti di come il rock’n’roll non muoia, a dispetto dei canti funebri che gli vengono intonati ovunque.
La voglia è tornata
Il concerto è una folgorazione, 90 minuti di musica entusiasmante. L’inizio sembra fatto apposta per mettere in chiaro che il gruppo si sarà pur preso delle lunghe pause nel corso di una carriera più che trentennale, ma che ora è tornata e ha una gran voglia di suonare. Spende infatti subito due assi come «Charlie Big Potato» e «Because of You»: il primo è una brano crudo (estratto dall’album Post Orgasmic Chill, 1999), che parla di inesorabile vendetta, con un abito sonoro post punk; il secondo (da Smashes & Trashes, del 2009 ) è una caramella sul versante sonoro, ma nasconde sottopelle il retrogusto velenoso delle relazioni tossiche, che lasciano cicatrici indelebili. La terza canzone in scaletta («An Artist is an Artist», dall’album The Painful Truth del 2025,) pur nuova di zecca, è un mix esplosivo di new wave e hip hop, condotto a velocità supersonica per declamare con polemica autoreferenzialità che «un’artista è un’artista, e non smette di essere tale solo perché qualcuno dice che è vecchia».

La stessa line-up dal 1995
Compattezza e alchimia si spiegano anche con il fatto che la line-up degli Skunk Anansie (il cui nome è ispirato al dio-ragno Anansi di numerosi racconti popolari africani, preceduto dall’ironico rafforzativo Skunk, ovvero puzzola) è la stessa dal 1995, quando il batterista Mark Richardson prese il posto di Robbie France, che aveva fondato il gruppo insieme a Skin/Deborah Ann Dyer (voce, chitarra), Cass Lewis (basso, voce) ed Ace (chitarra, cori); e non è cambiato troppo il sound, combinazione di hard-rock e funk metal ibridati con blues, punk e hip hop, al servizio di testi arrabbiati e di protesta (femminista, nera, politica). Si procede poi sempre su buoni livelli, alternando consapevoli ruvidezze (I Can Dream, Twisted. Everyday Hurts, Animal, Yes It’s Fucking Political) con proposte più morbide (Love Someone Else e Shame, la cui orchestrazione è debitrice di Blues Brothers e U2), laddove i picchi emotivi sono Hedonism (Just Because You Feel Good), gemma del 1996 che associa testo introspettivo e ritmo travolgente; l’ancor più risalente Weak (1995), di ipnotica intensità; la struggente You’ll Follow Me Down.
Nei bis spiccano Secretly, la cover di Highway to Hell (AC/DC) e l’aspra bellezza di Lost and Found. Prima della chiusura con Bella Ciao (Skin la incise con i piemontesi Marlene Kuntz) e gli applausi a profusione.
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