Mereghetti: «Il dizionario dei film? 30 anni di magnifica ossessione»

«Il dizionario dei film per me rappresenta trent’anni di lavoro e di vita: un’impresa partita ad inizio anni Novanta per guidare lo spettatore nelle scelte, dinanzi all’invasione delle Tv private, che spuntavano come funghi e riempivano i palinsesti di titoli di pessima qualità. All’estero esistevano esperienze simili, dunque pensai di proporre la formula in Italia. Conteneva circa 13mila schede e fu un grandissimo successo, arrivando a vendere 60mila copie, un record per un testo di cinema. Anno dopo anno cominciai ad aggiornarlo e da allora è diventato un compagno, ma anche l’ossessione delle mie giornate: perché dinanzi a ogni film che vedo, penso subito a come scriverne la scheda. È una specie di "fine pena mai", ma ne sono davvero orgoglioso».
Così confida, sorridendo, Paolo Mereghetti, celebre critico cinematografico, in arrivo a Brescia per presentare la nuova edizione de «Il Mereghetti», che festeggia il trentennale dell’opera. L’autore sarà protagonista dell’incontro dal titolo «Persistenza della critica», domani alle 18 nell’Auditorium di S. Giulia (via Piamarta 4, in città), per inaugurare «ABCinema, un weekend alla scoperta del linguaggio cinematografico», organizzato dal Nuovo Eden, seminario che vedrà protagonista il critico Andrea Chimento (ultimissimi posti disponibili. Info: www.bresciamusei.com).

Mereghetti, come si è evoluto il dizionario lungo tre decenni?
Accompagnando la curiosità dei lettori nella scoperta di versanti del cinema da esplorare, aggiungendo le novità interessanti, ma anche arricchendolo di capolavori del passato. Questo anche grazie a una serie di collaboratori, anche se di revisioni e stellette mi occupo in prima persona. Siamo, ora, a 10mila pagine e 35mila schede.
Cosa intende con «Persistenza della critica», può anticiparci lo spirito del suo intervento?
Difenderò l’importanza del ruolo del critico, non solo cinematografico. Penso che sia uno strumento per capire il mondo e che l’approccio giusto non sia quello da "giudice che assolve" o "avvocato" che difende le opere con arringhe, come in certe epoche è capitato.
Come dev’essere, dunque, un critico?
Un bravo maestro, che insegna a riconoscere le cose. Il compito della critica è prendere per mano il fruitore e aiutarlo ad aprire occhi, orecchie, mente e cuore. Far notare i dettagli, condurlo a riconoscere il senso dell’opera. Sulle piattaforme l’algoritmo si pone come suggeritore, pare sostituirsi ai consigli del critico cinematografico... Sembrano raccomandazioni, invece è un tentativo di omologazione dei gusti a un tipo di narrazione semplice e immediato, comodo alle logiche commerciali.
Qual è il tipo di cinema che lei preferisce proporre?
Non film-rifugio, dove rintanarsi per proteggersi dalla realtà (quelle storie che fanno sognare, che tuttavia ogni tanto possiamo concederci), credo piuttosto nel cinema come finestra sul mondo, utile a capirlo. Per vivere un po’ meglio la vita vera.
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