McCartney 3, 2, 1: il flusso di coscienza di Paul, con autoironia

«All’epoca pensavo: sto lavorando con un ragazzo di nome John. Ora mi guardo indietro e penso che lavoravo con... John Lennon». È Paul McCartney, 79 anni lo scorso 18 giugno, reduce dall’album «McCartney III» uscito a dicembre 2020 come frutto di registrazioni in solitudine durante il lockdown, a raccontarsi così. Lo fa in uno dei sei episodi della docu-serie tv «McCartney 3, 2, 1», da mercoledì prossimo, 25 agosto, in streaming sul canale Star di Disney+.
Prodotta da Endeavor Content e altri per Star Original in esclusiva disneyana e con un titolo che suona come un conto alla rovescia, ma anche rimanda a un... rewind memorialistico nel passato, la serie - girata in elegantissimo biancoenero - è firmata dal documentarista Zachary Heinzerling, già candidato all’Oscar e premiato agli Emmy e al Sundance Festival per «Cutie and the Boxer» sui 40 anni di creatività e amore fra l’artista newyorchese Hushio Shinoara e la moglie Noriko.
«McCartney 3, 2, 1» si snoda come intenso flusso di coscienza del «Macca» beatlesiano e post-beatlesiano, intervistato da Rick Rubin, noto produttore musicale (ha curato album per Mick Jagger, Beastie Boys, Jay-Z, Johnny Cash, Red Hot Chili Peppers...) nonché autore di videoclip e documentari sul mondo del rock. Ed è proprio lui, da conoscitore della materia, a stimolare Paul a narrare i suoi ricordi, offrendo al telespettatore aneddoti e passaggi inediti anche di un big conosciutissimo qual è McCartney.
Eccolo allora strappare la compiaciuta ammissione maccartneyana sui Beatles: «Le nostre canzoni erano indimenticabili», corretta ironicamente da un «... dovevamo ricordarcele, per poterle cantare». O far confessare al celebre bassista dei Fab Four come finì che fu lui a suonare l’Höfner 500/1: «Uno tra me, George e John - spiega l’intervistato - avrebbe dovuto suonare il basso: loro due rifiutarono...». Le parole e i ricordi sono inframmezzati, anzi spesso nascono, dalla musica. Si ode la rullata di batteria di «Come together» e Paul dice: «Ringo! Ricordo che quando entrò pensai: wow, è bravissimo!». Poi ecco McCartney canticchiare sopra «With a little help from my friends» e commentare: «Gran bella canzone!». O spiegare l’intro improvvisata in sala di registrazione da George Harrison per «And I love her» dopo che George Martin aveva detto «sarebbe bello aggiungere un’introduzione». Si ascoltano anche cose mai udite prima, come una versione, poi scartata, di «Lucy in the Sky with diamonds» in tonalità tanto alta da rendere impossibile cantarla bene.
C’è tanta memorabilia beatlesiana, ovviamente, ma anche momenti e brani del dopo, quando Paul formò gli Wings o da solista. Paul e Rick - nel loro dialogare allegro ma con sentimento - fanno spettacolo. Ed è bello quando, circa il rapporto con Lennon, Rubin cita: «Paul è uno dei bassisti più innovativi della Storia e metà della musica che ascoltiamo oggi è copiata direttamente dal suo periodo coi Beatles. È un grande, grandissimo musicista». E Paul gli chiede: «L’hai scritta tu?». E lui risponde: «No, l’ha detto John Lennon in un’intervista». «Non lo sapevo» s’emoziona Paul: «È bellissimo».
Ah, intramontabili Beatles e sempreverde MCcartney! Ma Disney+ non si ferma qui: dopo il focus su McCartney, ha pronto «The Beatles: Get Back», in origine film torrenziale che, dopo tanti rinvii per il Covid è stato montato in Nuova Zelanda dal regista Peter Jackson (quello del «Signore degli anelli»). C’era stata l’ipotesi che potesse uscire alla fine di questo mese, ma - alla luce, proprio, del fatto che il materiale è quantitativamente e qualitativamente enorme - più recenti notizie lo danno, invece, direttamente in streaming come serie originale su Disney+ in tre parti di due ore ognuna, il 25-26-27 novembre (weekend del Ringraziamento) negli Stati Uniti e dal 25 in Italia. A quest’opera dovrebbe pure essere collegato un libro con testi, trascrizioni di conversazioni e fotografie anche inedite.
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