Cultura

Mattia Venni trionfa a New York: «Ora sogno il Teatro Grande»

Recensioni entusiastiche per il baritono bresciano in «Crispino e la Comare»: «Nel ruolo con verità»
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«Il baritono italiano, nativo di Brescia, Mattia Venni è stato la rivelazione del cast. Animale da palcoscenico: recitazione, verve comica, concisione, agilità, spontaneità» (Parterre Box). «Ha interpretato Crispino con comica perfezione, assaporando ogni sillaba» (Classical Voice America). «Un divertimento superlativo» (Wall Street Journal). «Sensazionale» (The New York Times). «Meraviglioso» (Broadway World).

Ha messo tutti d’accordo l’artista bresciano Mattia Venni, al suo esordio vocale statunitense. Un percorso singolare: dalla cinepresa al belcanto, passando per la Francia, con approdo negli Stati Uniti (e continui avvicendamenti fra East and West Coast).

«Una viscerale passione per il cinema mi ha portato a Parigi nei primi anni 2000, dove per quindici anni sono stato direttore della fotografia» racconta Venni: «Una carriera culminata nel 2012 con i cinque Oscar e i tre Golden Globe al film “The Artist” di Michel Hazanavicius, per il quale ho lavorato. Sono poi volato a Los Angeles, sempre occupandomi di riprese cinematografiche; ma, a un certo punto, per ramificate “ragioni esistenziali”, ho deciso di cambiare strada. Cinque anni fa ho cominciato a dedicarmi a tempo pieno alla musica (ma canto da quando ero bambino). Ho assecondato quella pulsione, vi ho dato spazio, sono sceso nel profondo della mia voce: lì ho scoperto il mio nuovo io artistico. Ho iniziato a studiare canto all’Università di Los Angeles (Ucla) fino a laurearmi. E mi sono perfezionato con Roberto Coviello».

Come si è trovato negli Stati Uniti?

Ho incontrato un pubblico dinamico e libero da pregiudizi. Gli investimenti sono copiosi e le università dedicano grande attenzione alla musica. Vivono la cultura in maniera aperta, senza steccati; musical, song, lirica sono amati in egual modo. Sono riuscito a calarmi nel ruolo con verità; gli spettatori colgono al volo la padronanza del testo di un cantante madrelingua, l’autenticità delle emozioni. Applausi e risate a scena aperta.

Perché ha scelto un’opera, «Crispino e la Comare», così poco frequentata?

È stata una decisione del musicista Will Crutchfield, intraprendente direttore della compagnia Teatro Nuovo di New York. Il debutto al Lincon Center newyorkese, con l’opera di Luigi e Federico Ricci, è stato un trionfo. L’intenzione del maestro è quella di far rivivere alcuni capolavori dimenticati del belcanto. Al termine dell’audizione ha riconosciuto in me l’interprete ideale: personaggio divertente, ingenuo, che scoppia di un’energia incontenibile. Virtuosismo, declamazione vertiginosa, perle melodiche: non manca nulla. Tra l’altro, Coviello aveva già cantato questo ruolo e lo conosceva a menadito. Se nel cinema puoi bluffare, sul palcoscenico operistico non puoi nasconderti dietro a nessun trucco.

Progetti?

Ho prossime audizioni a New York e in Florida. In autunno dovrei essere alla Casa Verdi di Milano. Sogno altresì di cantare nel «mio» Teatro Grande di Brescia

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