Malika Ayane: «Avere un’attitudine teatrale è una sensazione naturale»

Una testimonial consapevole e «sul pezzo», a beneficio dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro. È la cantautrice milanese Malika Ayane, che stasera ribadirà il concetto al Teatro Grande di Brescia, attraverso un live che il Comitato Lombardo della Fondazione Airc ha organizzato con il duplice obbiettivo di sensibilizzare su un tema purtroppo sempre attuale e raccogliere fondi per la ricerca (inizio alle 21, biglietti esauriti).
Il sold out del teatro cittadino conferma (oltre all’appeal di Ayane) come l’attenzione e la generosità dei bresciani abbiano dato, una volta di più, buona prova di sé. Malika ci ha invece raccontato come Airc sia stata «la prima associazione che ho riconosciuto come tale, da bambina, perché essa ha svolto un ruolo decisivo nel superare un radicato tabù della società italiana rispetto alla parola cancro». Con l’artista, abbiamo quindi parlato di musica, teatro e prospettive.
Malika: il palcoscenico dei teatri resta uno dei suoi luoghi del cuore. Lo sente «casa» fin da quando cantava con profitto nel coro delle voci bianche della Scala, arrivando a esibirsi con direttori d’orchestra del calibro di Muti, Sinopoli, Chailly?
È così. Di sicuro, ogni volta che mi approccio a un concerto, o comunque a uno spettacolo, faccio emergere la mia attitudine teatrale e teatrante. È una sensazione naturale, che mi fa quasi prefigurare i movimenti e le situazioni che vivrò in scena, come se dovessi allestire una regia in prima persona.
A Sanremo 2022, dov’era ospite, ha reso omaggio a Elton John con «Your Song», supportando il concorrente Matteo Romano nella serata delle cover. Oltre al songwriter britannico, quali sono gli autori internazionali che considera un riferimento per la sua musica?
In cima alla lista metto David Bowie ed Elvis Costello. Ma oggi, più di ieri, ascolto veramente di tutto: facendo la pulizia del pc, nei giorni scorsi, mi sono resa conto di passare dalla techno alla musica tradizionale ispano-americana, ai motivetti leggeri e liberatori che la gente fischietta volentieri (e io con loro).
Risiede a Berlino e rientra saltuariamente a Milano, dove peraltro ha passato il periodo di lockdown, nonostante significasse sottoporsi a regole più cogenti. Perché?
L’ho fatto per spirito di responsabilità. Quando è partito l’assalto ai treni da parte di chi aveva un’alternativa, mi sono sentita una privilegiata e ho rinunciato. Ma confesso che quattro mesi di confinamento milanese sono stati terrificanti.
Nel 2021 ha pubblicato «Malifesto», le cui emozioni saranno al centro del concerto odierno e dei prossimi. Ma alle porte c’è pure «Cats», che segnerà il suo ritorno al musical a cinque anni di distanza da «Evita»: come l’ha convinta il regista Piparo a rifare un’esperienza che lei stessa definì «molto faticosa»?
È bastata una telefonata, in realtà. Sono una donna ostinata e mi sento strutturata per reggere meglio l’impegno. Allora arrivavo da una serie di 150 concerti, ero già stanca prima di cominciare, e terminai estenuata; ora conto di godermi l’avventura, alle prese con un’opera che adoro.
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