Cultura

Madri con la valigia, mentre l’esodo dei nostri figli prosegue

Emanuela Zanotti tra diario a distanza con Diletta e testimonianze. «Studiano qui per poi dover andare»
«Madri con la valigia», l’immagine simbolica scelta per il libro delle edizioni Paoline - © www.giornaledibrescia.it
«Madri con la valigia», l’immagine simbolica scelta per il libro delle edizioni Paoline - © www.giornaledibrescia.it
AA

Se una mattina, in un aeroporto del Belgio, due mamme incrociano sguardi di uguale tristezza... Incomincia con questa immagine, il nuovo libro della bresciana Emanuela Zanotti. Da un’esperienza personale condivisa, che richiama altre voci e riflessioni; con i dati di un fenomeno che dovrebbe smuovere il nostro Paese. Di ritorno da una visita alla figlia, che vive a Leuven, l’autrice raccoglie la confidenza di un’altra mamma, infermiera a Bergamo con il figlio unico a Liegi e i genitori anziani in Sicilia.

«Madri con la valigia», il libro delle edizioni Paoline (220 pagine, 17 euro), è nato così. Altre testimonianze si sono aggiunte, dal vasto arcipelago delle famiglie «transnazionali» e delle mamme «blogger», nelle distanze aggravate dai mesi di lockdown. Chiara Giaccardi, sociologa dei processi culturali e della comunicazione, rimarca il ruolo della tecnologia, nel tener vivo il rapporto. Con piglio pragmatico l’imprenditrice Marina Salomon, attiva nel sociale e nel volontariato, coglie l’opportunità offerta da Airbnb di «fare casa in posti diversi» per rendersi vicina ai quattro figli che vivono altrove. Ci sono madri che educano ad aprirsi ad altre dimensioni di vita, ma non sfuggono alla «sindrome del nido vuoto». Ci sono figli che rispondono a richiami ancestrali, come Ada, che ha costruito carriera e famiglia in Israele. Come affronta l’inevitabile nostalgia la mamma Lionella Viterbo a Firenze? Semplicemente risponde: «Cerco di non averla». Che cosa può aver spinto Dante Di Iulio a lasciare la famiglia e ottime prospettive in Canada per un master a Trieste, se non il desiderio di un ritorno alla terra dei padri? Drastiche scelte, comunque motivate, comportano sacrifici e difficoltà, per i tanti giovani in esodo dal proprio Paese, nella ridefinizione di un senso di appartenenza. Per loro, ancora in bilico tra due culture, la valigia si fa metafora di un bagaglio di ricordi e insieme di una possibilità di ritorno, come osserva la giovane musicista Luna Vigni.

Ai genitori si chiede «un supplemento d’amore e di dedizione» per rimediare alla fatica del distacco. Nel diario a distanza tra l’autrice e la figlia Diletta entra la consuetudine dei pacchi con il grana e il pesto, il pecorino e le acciughe, mentre i mobili portati dall’Italia ricreano in altro clima una dimensione consueta. Le piccole cose della quotidianità s’intrecciano con i dati delle inchieste, gli apporti dei filosofi, il richiamo ai miti letterari. «In dieci anni – ricorda Emanuela Zanotti, citando il report della Fondazione Moressa – l’Italia ha perso cinquecentomila connazionali, uomini e donne che difficilmente torneranno: chi ha intrapreso all’estero una carriera di studio e lavoro troverà pochissime possibilità per rientrare.

Si calcola per il nostro Paese una perdita di 16 milioni di euro, oltre un punto percentuale del Pil, senza contare l’impegno delle famiglie e dello Stato. Abbiamo università ottime, con costi abbordabilissimi: investiamo nella formazione e poi li lasciamo andare. Altri Paesi offrono stipendi degni ai giovani ricercatori e coperture previdenziali, da noi sono precari e senza tutele e se una donna ha un figlio viene demansionata, se non costretta a lasciare il lavoro». «Situazione vergognosa». «Un Paese che non investe nella ricerca - sottolinea, ancora, l’autrice bresciana - non ha futuro: con la pandemia si è toccata con mano questa necessità, ma la politica continua a dare esempi di sperperi, in una situazione oltremodo vergognosa. Vivere in Italia è dolce per molti aspetti, questi ragazzi che partono lasciando le loro case non lo fanno certo per svago. Mi ha fatto piacere che Mario Draghi li abbia ricordati chiedendosi, in una sorta di ammissione di colpa, se abbiamo fatto per loro tutto quello che i nostri nonni e i nostri padri hanno fatto per noi: in realtà non si è fatto niente per questa generazione, che è costretta a portare sulle spalle i debiti accumulati e non vede riconosciuto il suo impegno. Stiamo vivendo un inverno demografico e, fin che la politica non si interrogherà seriamente su questi problemi, l’esodo continuerà».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato