Cultura

Luca Micheletti: «Col Misantropo in scena passioni trascinanti»

Elisabetta Nicoli
Ritorno a casa per l’attore bresciano, che sarà sul palco del Teatro Sociale dal 4 all’8 dicembre con il capolavoro di Molière. Venerdì gli verrà consegnato il Premio Franco Enriquez
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Luca Micheletti, misantropo al Sociale
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«Il Misantropo» riporta a Brescia Luca Micheletti e al Teatro Sociale sarà consegnato al brillante interprete di Alceste il Premio Franco Enriquez 2024 come migliore attore protagonista, in occasione della replica di venerdì 6 dicembre. Il capolavoro di Molière sarà in scena con la regia di Andrée Ruth Shammah nella sala di via Cavallotti 20 da mercoledì 4 a domenica 8, tutti i giorni alle 20.30 e la domenica alle 15.30. Pochi biglietti sono ancora disponibili alle biglietterie del Centro teatrale bresciano.

Proposto dal Ctb per la sua cinquantunesima Stagione, lo spettacolo prodotto da Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana prevede in scena, con il protagonista e Marina Occhionero nella parte di Célimène, Marco Balbi, Matteo Delespaul, Angelo Di Genio, Filippo Lai, Francesco Maisetti, Guglielmo Poggi, Emilia Scarpati Fanetti, Andrea Soffiantini, Maria Luisa Zaltron e la partecipazione di Corrado D’Elia. Il testo di Molière è proposto nella traduzione di Valerio Magrelli, cui hanno collaborato la regista e Luca Micheletti. Scene di Margherita Palli, costumi di Giovanna Buzzi, luci di Fabrizio Ballini, musiche di Michele Tadini, cura del movimento di Isa Traversi. All’eclettico protagonista sulle scene della prosa e della lirica, erede di una dinastia dedita al teatro con radici a Travagliato, baritono affermato in dimensione internazionale, abbiamo rivolto alcune domande.

Il Misantropo che cosa ci dice oggi?

«Questo è il tema che ci siamo posti: in quale rapporto si colloca rispetto al mondo contemporaneo questo testo fortunatissimo, ma scritto quattro secoli fa. La scelta è stata la più ripida: non attualizzarlo ma farlo parlare nella sua lingua. Affidandoci a un poeta, con un lavoro a sei mani abbiamo messo a punto una traduzione che è un calco dell’originale, in settenari a rima baciata. Questa lingua, materia apparentemente lontana, diventa presto suadente e porta dentro le spire dell’intelligenza critica e satirica di Molière, riesce a far ragionare su chi sei. In fondo tutte le epoche sono uguali, con le leggerezze di alcuni e le impuntature di altri. Il problema è lasciarsi trascinare dalle passioni, come racconta bene il sottotitolo: “L’atrabiliare amoroso”. Alceste è un iracondo, si lascia trascinare dall’ira che acceca. La cosa buffa è che l’integerrimo s’innamora della ragazza più effervescente».

Possiamo considerare un omaggio a Brescia questo ritorno alla prosa?

«Torno in città con molto piacere: altri impegni mi avevano convinto ad abbandonare il ruolo di Alceste alle mani affidabili di Fausto Cabra, ma per un gioco del destino proprio per lo spettacolo di Brescia mi sono liberato e Fausto al contrario... A Travagliato sto poco, ma abito lì con la mia famiglia: la mia bambina che compie due anni in questi giorni credo sia stata a casa solo un mesetto in tutto questo tempo e comunque resta il nostro riferimento. Sono particolarmente felice perché il premio che non avevo potuto ricevere nella cerimonia ufficiale, essendo impegnato al Covent Garden, mi sarà consegnato a Brescia in occasione del mio ritorno al ruolo di Alceste».

La prosa e la lirica come si interfacciano?

«I due mondi si parlano e sarebbe un bene se si parlassero sempre più. Se il mondo della prosa riuscisse a conformarsi alla cura e all’amore che la lirica ha per il suo repertorio, se ne gioverebbe. Abbiamo purtroppo a un repertorio dissolto e sfilacciato e il pubblico è disorientato. Ho lavorato l’estate scorsa a Siracusa con l’Aiace di Sofocle e mi si è aperta la via dei classici: bolle in pentola un progetto su un altro classico antico. Nel frattempo mi sta arricchendo il contatto con un mondo internazionale, che mi stimola e allarga le prospettive».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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