«ll mio Jules e Jim per il teatro visto dagli occhi di una donna»

François Truffaut se ne innamorò letteralmente e ne trasse quello che viene ritenuto forse il film più felice della sua produzione, indubbiamente uno dei capolavori della Nouvelle Vague. A «Jules e Jim», il bellissimo romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché (1953), si è ispirata anche la scrittrice bresciana Nadia Busato. Anzi, ha pensato addirittura di "trasformare" la trama che racconta - un triangolo amoroso dal tragico destino - in un testo teatrale, valorizzando la figura di Kathe, al secolo Helen Grund, la giornalista e intellettuale tedesca (1886-1982) protagonista del libro (interpretata, nell’opera truffautiana, da una superba Jeanne Moreau).
Un lavoro che è valso a Busato il primo premio nella sezione Drammaturgia- Rielaborazioni al XVI Concorso europeo Tragos per il Teatro e la Drammaturgia. Ne abbiamo parlato con l’autrice.
Signora Busato, qual è stata la genesi di questo progetto?
Il testo è nato 4-5 anni or sono per commissione di un teatro nazionale, che aveva intenzione di portarlo in scena e mi aveva chiesto di occuparmene. Poi la produzione è saltata, a seguito della riforma dello spettacolo e della creazione di quello che oggi è il sistema dei teatri nazionali. La mia operazione era nata, da un lato, per portare in scena il testo di Roché, da cui Truffaut trasse il suo meraviglioso film, e per fare un’opera di ricostruzione filologica dei personaggi reali. A cominciare da Helen Grund, che sposò il Jules del romanzo, ossia lo scrittore Franz Hessel: una donna attivissima culturalmente e politicamente, corrispondente tra Francia e Germania, che tradusse «Lolita» di Nabokov, fu amica di Rilke e Picasso. Quando scoppia la guerra il marito, d’origine ebrea, viene due volte internato nei campi di concentramento; lei rimane assieme ad altre donne con una pletora di amici artisti, vendendo opere d’arte per mantenere i figli. La mia volontà era restituire una dimensione storica, che manca nel libro in quanto reportage che Roché fa del suo punto di vista sulla relazione: una personalità narcisistica e opportunista che descrive Jules - Franz nella realtà - come un perdente, che non sa soddisfare la moglie e perciò si rivolge a lui (Jim), grande amatore.
Questo è stato il primo tradimento, da parte dell’autore. E gli altri?
Il secondo è del regista Truffaut, il quale fa della sua musa Jeanne Moreau un’icona dalla dimensione di perfetta di bellezza, di cui entrambi i personaggi maschili si innamorano. Ma la personalità della Grund era ben altro. Per lei la cultura era una forma di partecipazione politica e sociale, come ricordava suo figlio Stéphane, che ha pubblicato «Indignez-vous», il pamphlet da cui sono sorti i movimenti degli Indignati. Altro obiettivo era riportare in luce quel clima artistico che si respirava alla vigilia delle due guerre e che assomiglia pericolosamente ai nostri giorni, per l’elettricità delle parole, gli atteggiamenti guerriglieri, il forte nazionalismo e una gran parte degli artisti che si chiama fuori dall’impegno e dalla difesa dei valori civili, ritirandosi in una sorta di eremo, dove l’arte è totalizzante, ma anche molto sterile.
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
Che caratteristiche ha, dal punto di vista strutturale, la sua rielaborazione teatrale?
Lo spettacolo ha diversi personaggi concepiti per essere interpretati da cinque attori, che ricoprono vari ruoli, anche intercambiandosi. Ho contattato gli eredi di Roché e l’editore Gallimard, i quali mi hanno concesso l’utilizzo del titolo, riconoscendo l’originalità del lavoro. Due critiche mi sono state mosse quando ho consegnato il testo: la prima - e la considero un vanto - che era troppo femminista, in quanto spostava l’attenzione su Helen, una donna molto forte e non quella bambolina del libro e del film, creando un effetto straniante; la seconda che era scritto troppo bene e il pubblico del teatro non è più abituato ad un linguaggio così raffinato. Vederlo sulla scena mi piacerebbe ed anche poterlo pubblicare, ma sono pochissimi gli editori interessati a questa nicchia della produzione letteraria.
A cosa sta lavorando in questo periodo?
Chiudo l’anno avendo partecipato alla bellissima iniziativa «H24-24 heures dans la vie d’une femme», cui 24 scrittrici europee, ed io per l’Italia, sono state chiamate dalle registe e produttrici Nathalie Masduraud e Valérie Urréa a sceneggiare 24 storie vere di violenza, diventate 24 cortometraggi interpretati da altrettante attrici. Poi ho un nuovo romanzo in consegna. E coltivo sempre il sogno inconfessabile di un premio per la drammaturgia femminile a Brescia, città di Mina Mezzadri, che fu regista, leader di gruppi di teatro, esempio di creatività e di rigore.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
