Cultura

Libere di scegliere e gli altri libri consigliati dalla redazione a gennaio

Un saggio di una giornalista bresciana che esce oggi, un viaggio tra le sagre e tre romanzi molto esistenziali
La Stadsbiblioteket di Stoccolma - Foto Unsplash
La Stadsbiblioteket di Stoccolma - Foto Unsplash
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Il primo numero del 2024 della rubrica dei libri consigliati del mese dalla redazione del Giornale di Brescia parte con un tema impegnativo, più che mai attuale, che chiama in causa e mette in discussione la nostra società. Ci sono poi tre romanzi molto esistenziali e la densità della lettura viene smorzata una recensione di un libro che è un viaggio tra le sagre italiane.

Come sempre, si può recuperare il numero di dicembre qui. Chi vuole scriverci può farlo cliccando sulla firma in fondo a ogni recensione. Torniamo a febbraio, più o meno puntuali.

«Libere di scegliere se e come avere figli»
di Ilaria Maria Dondi

La copertina di Libere
La copertina di Libere

(Einaudi, 2024, pp. 176, euro 15)

Poco importa chiamarsi Kamala Harris o Samantha Cristoforetti. C’è una domanda che non lascia al riparo nessuna donna e a un certo punto arriva immancabilmente: hai figli? Se non li hai, perché non li hai? E ancora: se li hai - ma non viene quasi mai chiesto ad alta voce, lo si lascia solo filtrare da sguardi e commenti -, che madre sei? Conforme, performante o sbagliata, innaturale, magari mostruosa?

Nel terzo millennio le scelte riproduttive delle donne sono ancora inquisite da chi ritiene che l’identità femminile coincida con la maternità o la sua possibilità. «Libere», saggio della giornalista bresciana Ilaria Maria Dondi in libreria da oggi per Einaudi con sottotitolo «Di scegliere se e come avere figli», è il libro che arriva per decostruire i cliché e tendere una mano - perché «tacere e lavarci i panni sporchi in casa, come ci hanno insegnato, non salva nessuna». In «Libere» Dondi, che da anni si occupa di questioni di genere ed è una voce femminista di riferimento in Italia, traccia inventari delle donne senza figli, per impossibilità o per scelta, e delle madri, che non sono tutte uguali, sradicando gli stereotipi che abitano anche dentro di noi. È un viaggio molto calato nella realtà delle molteplici possibilità di essere donna, arricchito dall’esperienza personale dell’autrice, che si propone di restituire alle donne i loro desideri, dando a ciascuno cittadinanza e superando l’opposizione che le vede divise in squadre, le madri e le non madri. 

Il libro è ricco di riferimenti antropologici, letterari e filosofici (una su tutte per Dondi è Simone De Beauvoir), ma non è uno sfoggio di cultura da intellettuale militante. Si sforza, ammettendo anche i suoi limiti e i pregiudizi di chi scrive rispetto ad ambiti esistenziali diversi (come l’esperienza delle donne black o brown, delle persone trans e con disabilità), di dare dignità a ognuno, pur evidenziandone le criticità lì dove ci sono, come nel caso del mercato della fertilità. In ultima istanza, «Libere» raccoglie le sfaccettature dell’identità femminile e invita all’autocritica per diventare più consapevoli di noi stesse e pronte a difendere la scelta delle altre, in un «tana libera per tutti e tutte». 

(Laura Fasani, redazione Web)

«Sagre d'Italia»
di Donatella Alquati e Giorgio Mininno

La copertina di Sagre d'Italia
La copertina di Sagre d'Italia

(Slow Food, 2023, pp. 368, 29,90 euro)

Paioli di polenta fumante e frittura di paranza. Focaccia ripiena di formaggio e bocconcini di capra arrostita sulle braci. Maccheroncini al ragù e carciofi fritti. Il richiamo atavico della sagra italiana, regione per regione, è il languorino che lega i 18 racconti illustrati scodellati uno dopo l'altro nella guida «Le sagre d'Italia» di Donatella Alquati e Giorgio Mininno, edita da Slow Food. Un volume che vien voglia di mordere, non solo per il contenuto, ma per i reportage fotografici e la grafica brillantissima: un tuffo nella tradizione popolare.

«È prima di tutto un'idea di viaggio alternativo - spiegano gli autori - per chi sceglie le proprie mete in base a quali piatti potrà assaggiare». E costruire itinerari diventa semplice, grazie alle 900 sagre suggerite regione per regione e mese dopo mese, precedute dagli approfondimenti collezionati tra le griglie e le tavolate delle feste di paese, sia quelle più iconiche e blasonate che quelle più genuine e sconosciute. Spazio dunque ai ciccimmeratati di Stio (Salerno), alla pezzata di Capracotta (Isernia), ai pipindune e ove di Collecorvino (Pescara), alle cape di Lignano Sabbiadoro (Udine) e al chiodo di maiale di Quercia di Aulla (Massa Carrara). C'è anche il salame di Montisola, facile da scoprire per Mininno, che oltre ad essere autore di questa guida è designer e direttore artistico e vive a Brescia.

Nessuno resterà affamato a questo desco, dove le storie e i volti delle persone incontrano le specialità della tradizione nostrana, saltando a piedi pari la retorica di quanto è buono e bello e bravo il cibo italiano. E menomale. «Sagre d'Italia» è un racconto verace, di pancia in tutti i sensi, condito da uno sguardo fresco, nuovo, persino rivoluzionario in questo settore. Un pezzo da collezione per la libreria di chi ha voglia di sperimentare un inedito patrimonio gastronomico e culturale. 

(Francesca Renica, vicecaposervizio redazione Web)

«Vivi veloce»
di Brigitte Giraud

La copertina di Vivi veloce
La copertina di Vivi veloce

(Guanda, 2023, pp. 192, 18 euro, ebook 4,99 euro)

Che senso ha – quando un grave lutto ha fatto irruzione nella tua vita sconvolgendone i piani futuri – che senso ha chiedersi: «Cosa sarebbe accaduto se…?». In questo romanzo Premio Goncourt 2022, Brigitte Giraud narra in prima persona vent’anni della sua vita, marchiati a fuoco dal momento nel quale, il 22 giugno 1999, suo marito Claude morì in un incidente stradale, a bordo di una motocicletta che non avrebbe dovuto usare.

La scrittrice indaga meticolosamente nella concatenazione di fatti, scelte, pure casualità (ma i confini sono labili, a volte), che ha portato alla tragedia, domandandosi incessantemente, fino alle ultime pagine del libro, che cosa sarebbe successo se uno di quei tasselli fosse andato fuori posto, evitando il compiersi di un destino crudele per lei rimasta senza l’amorevole compagno e per il figlio restato senza padre.

Tutto inizia il giorno in cui, a vent’anni appunto dalla tragedia, lei decide di abbandonare la casa dove aveva scelto di vivere con Claude, e nella quale invece per vent’anni ha cresciuto da sola suo figlio. È un lasciarsi alle spalle gli assilli, un fare la pace con quello che è accaduto: «… non c’è niente da capire, puro caso (…). Coincidenze. La vita nel suo fluire». Così, la vita può proseguire, nella consapevolezza di un destino che il suo consorte, esperto di musica, avrebbe sintetizzato con la frase di Lou Reed: «Vivi veloce, muori giovane…», da cui il titolo di questo romanzo sofferto su ciò che non è stato, e sulla vita che deve pur sempre guardare avanti.

(Paola Carmignani, redazione Cultura e Spettacoli)

«L'età fragile»
di Donatella Di Pietrantonio

La copertina di L'età fragile
La copertina di L'età fragile

(Einaudi, 2023, pp. 192, 17,10 euro, ebook 9,99 euro) 

Non per guastare la sorpresa, ma «L'età fragile» di Donatella Di Pietrantonio non è proprio quello che ci si aspettava dalla pluripremiata scrittrice, che è anche odontoiatra pediatrica e vive e lavora a Penne (Pescara). Nota al grande pubblico per «L'arminuta» (2017), con cui vinse tra gli altri il Premio Campiello e il David di Donatello per la sceneggiatura dell'omonimo film, l'autrice torna dopo i tre anni di silenzio che hanno seguito «Borgo Sud» (2020). E lo fa con un romanzo vibrante e profondo, dalla scrittura insieme intensa e brulla, con cui Di Pietrantonio scalpella un racconto potente che però disorienta un poco. Soprattutto per il modo frettoloso e abborracciato con cui si chiude, lasciando il lettore con la sensazione frustrante di essersi appena seduto a tavola mentre il ristorante spegne le luci.

«L'età fragile» è la storia di Lucia e della figlia Amanda, riunite dopo che la ragazza all'inizio della pandemia di Covid decide di abbandonare Milano e gli studi all'università per fare ritorno a Pescara, in preda a quella che sembra una depressione. La madre si ritrova così in casa una sconosciuta, chiusa in camera nel suo mutismo e persa in una fragilità che ha molto di familiare, con cui prova a ricostruire un rapporto. Nel tentativo garbato di riportare la figlia in superficie, anche la madre è chiamata ad affrontare le sue paure, scoperchiate da un segreto che sembrava seppellito ma torna prepotentemente a rubare ossigeno. Tutto ruota attorno a un terreno ereditato dal padre (che personaggio meraviglioso), dove 30 anni prima è stato commesso un terribile delitto. Nella seconda parte il romanzo si tinge inaspettatamente dei toni foschi del noir, resi ancora più tetri dall'ambientazione nell'entroterra abruzzese che Di Pietrantonio ben conosce. Come si diceva, la chiusura fa pestare i piedi: la storia, i dialoghi, i protagonisti meritavano forse un approfondimento più curato. Un libro che poteva serenamente essere lungo il doppio, ma che vale in ogni caso la pena leggere.

(Francesca Renica, vicecaposervizio redazione Web)

«La passione secondo G. H.»
di Clarice Lispector

La copertina di La passione secondo G.H.
La copertina di La passione secondo G.H.

(traduzione di Adelina Aletti, Feltrinelli, 2019, pp. 143, 10 euro, e-book 6,99 euro)

Si può rimanere sconcertati sconvolti schifati alla lettura di questo romanzo pubblicato nel 1964 in portoghese. Ma vale la pena di lasciarsi trascinare nel labirinto che Clarice Lispector costruisce con lucidità tagliente. Perché è alla fine che si comprende appieno quel che vuole dirci. È alla fine che si capisce il senso dello sprofondare nell’inferno di queste pagine, risalendo con una visione nuova della vita, dell’uomo, di Dio.

Il fatto è banale. Una scultrice single dalla vita sociale soddisfacente decide una mattina di pulire la stanza lasciata libera dall’ultima cameriera e si ritrova davanti a un essere che la disgusta, l’ha sempre disgustata sopra ogni cosa: una blatta.

È l’inizio di un corpo a corpo tutto psicologico con la mente della donna che si apre a un vortice di pensieri concatenati gli uni agli altri come i brevi capitoli del romanzo (l’ultima frase di ogni capitolo è l’incipit del successivo). Pagina dopo pagina, attraverso un serrato monologo G. H. costringe se stessa e il lettore a lasciare ogni cautela, affrontare la mancanza di senso, avere il coraggio (e la «curiosità mortale») di abbandonare la speranza su cui si fondava il progetto di diventare qualcosa di diverso da quel che si è veramente, scoprire una nuova bellezza che nulla ha a che fare con la bellezza comunemente riconosciuta, distaccarsi dalla propria «organizzazione umana» per entrare in una «neutralità viva» (apparentemente mostruosa) ed essere così «specificamente umani». Ed è questo che Lispector vuole dirci: che «non esiste una forma unica di entrare in contatto con la vita, ci sono altresì le forme negative»; ma non è un male: non è pericoloso «amare l’abisso» di cui siamo fatti, anzi è in questo modo che ci si libera della paura e si «passa a vivere». Con l’acquisita consapevolezza che «il Dio è oggi», «Dio è».

Quanto al destino dell’uomo, G. H. distingue tra «umanità» e «falsa umanizzazione», dichiara che l’identità non ha bisogno di bellezza, spiega che la vita è «una missione segreta» in cui il «lavoro vero» è «la graduale diseroizzazione di se stessi». Fino al gesto estremo al cospetto della blatta.

Solo per «persone dall’anima già formata», come scrive l’autrice prima di ogni altra cosa, confessando al tempo stesso la «gioia difficile» ricevuta, «a poco a poco», dal personaggio del romanzo.

(Francesca Sandrini, vicecaposervizio redazione Cronaca e Provincia)

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