Cultura

Le sfide senza fine di Diabolik: «Mi diverto troppo per smettere»

Da Brescia a Milano e poi a Clerville: parla Mario Gomboli, da cinquant'anni autore di Diabolik, la serie arrivata al numero 850
Una delle tavole del numero 850 di Diabolik
Una delle tavole del numero 850 di Diabolik
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Prima di tutto, come facciamo a sapere che stiamo parlando davvero con Mario Gomboli? Per quel che ne sappiamo, potrebbe essere Diabolik con la maschera di Gomboli. «Giusto - ride -. Dico sempre che io sono Diabolik con un pessimo travestimento».

D’accordo, fidiamoci. Al telefono ha la voce piacevole di chi ama raccontare storie e non a caso lo fa da cinquant’anni, prima come scrittore di soggetti e storie per Diabolik, poi, dal 1999, come direttore della Astorina, la casa editrice che dal 1962 pubblica i fumetti del personaggio inventato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani. Ora che entrambe sono morte da tempo, è Mario Gomboli a portare avanti la scia di crimini del Re del Terrore.

Nato a Brescia, trasferitosi da piccolo a Milano, ha fatto l’architetto, l’illustratore, lo scrittore, il graphic designer, rimanendo sempre legato a Diabolik. In carriera ha pubblicato anche 160 libri per bambini, con titoli come Il grande atlante degli animali, ristampato di recente, Miciogatto e la collana Luporosso. Se il Re del Terrore è un perfetto criminale, imbattibile, il lupetto è un pasticcione, protagonista di storie educative, in cui si insegna l'importanza di comportarsi bene. «Ai bambini, ma anche agli adulti: spesso sono loro i primi maleducati».

 

Luporosso
Luporosso

 

Ora il disegno gli manca, non avrebbe il tempo per preparare altre uscite. Il lavoro all'Astorina non lascia spazio per altro, e  settant’anni, non ha alcuna intenzione di smettere. «Mi piacciono le sfide, come a Diabolik - dice -. E poi mi diverto troppo: ho avuto la fortuna di fare lavori in cui mi sono sempre divertito».

L’ultimo episodio mensile inedito, appena uscito, «Sulle tracce di Eva», è l’episodio 850 della serie, nemmeno Tex ha collezionato così tante uscite. Mettendo assieme anche la prima e la seconda ristampa, ogni mese circolano centomila copie del fumetto.

«È un lavoro a tempo pieno con mille impegni - racconta -. Nella casa editrice siamo in otto, tutti impegnati su Diabolik. Io, per dire, sto scrivendo assieme a Andrea Pasini una storia che dovrebbe uscire nell’ottobre 2018». Poi ci sono i progetti speciali, come i volumi arrivati nelle librerie dopo un accordo con la Mondadori, l’ultimo dei quali si intitola «Diabolik. Fuori dagli schemi», con una serie di riletture del personaggio fatte da autori come Villa, Mattotti o Alessandrini. Nel libro è fuori dagli schemi, d’accordo, ma in realtà Diabolik non cambia mai.

«Abbiamo lettori talebani, che reagiscono male a ogni cambiamento - scherza Gomboli -. Anche l’ultimo numero ha suscitato un ampio dibattito, tra gli entusiasti dei disegni di Buffagni e chi invece ne è rimasto deluso». Chi scrive, a proposito, appartiene alla prima categoria. Stefano Buffagni riesce a essere moderno senza essere freddo, come invece a volte capita con Diabolik.

 

Mario Gomboli
Mario Gomboli

 

«Da due anni si occupa delle copertine, facendo un lavoro fondamentale - spiega Gomboli -. Avevamo bisogno di differenziare in maniera netta gli inediti: a volte gli edicolanti ce li mandavano indietro come resi, confondendoli con le ristampe». Edicolanti, poi, che sono sempre di meno: «Il futuro è nelle librerie, per questo stiamo lavorando agli albi di formato diverso. Ma tra i nostri lettori, oltre allo zoccolo duro degli appassionati, ci sono anche diversi lettori impulsivi, che magari comprano Diabolik prima di prendere il treno».

Ci sono anche bambini, tra l’altro. «Una signora mi ha recentemente presentato suo figlio di otto anni, dicendomi che legge Diabolik. Negli anni Sessanta sarebbe stato impensabile, troppo diseducativo». Ancora oggi continua a rubare e uccidere, a dire il vero. «Sì, ma con un’etica che viene riconosciuta dal lettore. Poi, una volta rubava ai nobili, ora colpisce gli altri criminali, come i narcotrafficanti, perché i tempi sono cambiati».

È un criminale, ma ne apprezziamo le qualità positive. Si chiama sospensione della critica, o dell’incredulità. Tanto che viene usato anche per campagne sociali, come quella contro la violenza sulle donne. «Gli piace la sfida, non ruberebbe mai un sacchetto di diamanti su un tavolo, e ha punti deboli, come l’amore per Eva Kant». Bionda, bella, non è troppo stereotipata? «Per fortuna nessuno ha ancora fatto critiche simili - risponde Gomboli -. Eva Kant è stata fin dagli anni Sessanta un personaggio originale, appena arrivata nella serie ha subito salvato Diabolik. È una compagna alla pari».

 

Eva Kant nella quarta di copertina dell’ultimo episodio
Eva Kant nella quarta di copertina dell’ultimo episodio

 

Ogni fan ha alcuni feticismi, a noi fanno impazzire i nomi dei personaggi delle storie. Proviamo a inventarne alcuni partendo dalle storie pubblicate, tipo generatore automatico di nomi alla Diabolik: Gerardo Fillons, Diego Kunt, Alfredo Miller, Lisa Selton. Di solito gli autori mescolano nomi italiani a cognomi stranieri per evitare omonimie, anche se un paio di volte in passato è accaduto. Nell'ultimo numero, ad esempio, tra i coporotagonisti ci sono Arun e Addis, di certo nessuno avrà di che lamentarsi. 

Le idee per le nuove storie arrivano da romanzi, fatti di cronaca o a volte anche spunti biografici, alla lunga è inevitabile che un autore si identifichi con il proprio personaggio. «Ero su un’isola della Colombia - dice Gomboli -, isolato dal mondo, senza rete cellulare. E mi sono chiesto come farebbe Diabolik a cavarsela in un posto del genere». Già, come farebbe? Raccontacelo, dai.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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