Cultura

Larkin Poe e Superdownhome, a tutto blues tra Atlanta e Brescia

Due artiste dalla Georgia e due musicisti di Brescia. Un solo palco e una serata a tutto blues. Sotto l'egida della bresciana Slang Music
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
  • Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
    Le Larkin Poe durante la loro esibizione al Druso di Ranica
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Metti una sera due ragazze della Georgia, migrate da Atlanta a Nashville, Tennessee,  catapultate in una periferia industriale lombarda. Esterno notte fuori. Interno notte con americana – intesa come palco – luci, fumo, colori e tanta, tanta gente. E metti con loro due bresciani. Che all’apparenza non c’entrano nulla. Per storia, origini, e a voler vedere manco per look (ad essere rigorosi, per paradosso, il loro fa più profonda America di quello delle due fanciulle).

E invece no. Perché un legame c’è, potente come il blues rurale e profondo come le radici del polveroso sud. Quello che è risuonato per tre ore al Druso di Ranica, terra orobica, sotto l’egida della brescianissima Slang Music (al grande pubblico Giancarlo Trenti è noto per aver inventato il Nave Blues e per aver portato dalle nostre parti titani mondiali del genere) che ha sfoderato quattro autentici talenti, presentati per l’occasione da quel Maurizio Faulisi che tutti conosciamo come il Doctor Feelgood che impazza sulle frequenze di Virgin Radio.

Con ordine. Ad aprire la serata sono stati i Superdownhome, duo made in Brescia composto da Henry Sauda e Beppe Facchetti. Il primo, già voce e guitar man dei Granny Says e degli Scotch, con una scatola per sigari armata di corde (alias cigar box) fa venire voglia di ballare anche al marmo di Botticino, e con la diddley bow guitar pure al tondino trumplino. Il secondo dà l’idea di essere in grado di trasformare nella grancassa del secolo anche la dispensa della nonna, è uno le cui bacchette hanno incrociato su vari palcoscenici personaggi del calibro di Rudy Rotta o Louisiana Red, per citarne un paio.

I Superdownhome in concerto - © www.giornaledibrescia.it
I Superdownhome in concerto - © www.giornaledibrescia.it

Musica graffiante, piena nel sound esaltato da due voci che sembrano fatte per viaggiare insieme tra i campi della Louisiana o giù di lì. Tanto che ad accorgersi di loro è stato anche un certo Popa Chubby, con cui hanno condiviso il palco e che – notizia fresca e da ieri certificata dallo stesso Popa pure su Facebook – produrrà il loro prossimo disco, che segue l’album d’esordio datato 2017, Twenty-Four Days.

Difficile pensare ad un crescendo, eppure il folto del pubblico giunto da mezzo Nord Italia per ascoltare nella loro unica data italiana le due ragazze di Atlanta, aka Larkin Poe, non ha dovuto attendere molto per capire che le aspettative non sarebbero andate deluse. La potenza vocale formidabile di Rebecca Lovell, accompagnata dalla sua chitarra ruggente, ha incendiato il palco del Druso assieme ai riff sfrenati della travolgente slide guitar della sorella Megan.

Che in America il loro ultimo disco, uscito a inizio mese, «Venom & Faith», sia salutato come un piccolo capolavoro di blues (ma non solo) non stupisce, come pure che Elvis Costello le abbia volute in apertura ad un suo concerto. Si trattasse di una delle tracce dell’ultimo disco (su tutti il singolo di lancio dell’ultima fatica, «Bleach Blonde Bottle Blues») o di cover reinterpretate - dalla leggendaria «Black Betty» all'appassionato omaggio a Son House di «Preachin' Blues» - le Lovell sisters hanno stregato il pubblico con un’altalena che ha portato dalle quote del più graffiante blues, declinato per vie originali (le due con la terza sorella hanno trascorsi persino nella bluegrass), alle porte dello spiritual, per le sonorità che viaggiano verso l’onirico.

Tra tempo battuto con le sole mani e assoli vocali o di slide guitar - anche se per l’intero concerto hanno goduto del supporto preciso di basso elettrico (Tarka Layman) e batteria (Kevin McGowan) – hanno sfoderato sorrisi emozionati da ragazze acqua e sapone del profondo sud (con tanto di omaggio al nonno paterno e alla sua perdita), accanto alla grinta tagliente delle blues girl più affermate.

Le Larkin Poe (al centro, da sinistra Rebecca e Megan Lovell) e i Superdownhome (a sinistra Henry Sauda e a destra Beppe Facchetti) - Foto tratta da Facebook © www.giornaledibrescia.it
Le Larkin Poe (al centro, da sinistra Rebecca e Megan Lovell) e i Superdownhome (a sinistra Henry Sauda e a destra Beppe Facchetti) - Foto tratta da Facebook © www.giornaledibrescia.it

In altre parole, val la pena per chi se le fosse perse l’altra sera, di seguirle tra social e YouTube nei loro «Tip o’ The Hat», brevi esibizioni in cui sperimentano i più stravaganti abbinamenti strumentali, e di segnare in agenda le due date italiane che si sono aggiunte nelle ultime ore, a conferma del successo di pubblico: 29 marzo a Milano (Spazio Teatro 89) e 30 marzo a Ravenna (Teatro Sociale). Perché d’altro canto le Larkin Poe l’hanno detto chiaro e tondo sul palco: «In Italia il cibo è favoloso. Ed è il massimo complimento che possono farvi due ragazze della Georgia». Cibo favoloso, già. Come il loro blues.

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