Cultura

La «destra divina» e la lingua affilata di Camillo Langone

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Abruzzo o Patagonia? Abruzzo. Confessione o psicanalisi? Confessione. Tabarro o Zara? Tabarro. Messe o Mostre? Messe. Trullo o grattacielo? Trullo.
Sono solo alcune delle antinomie che Camillo Langone propone - e risolve - nel suo Manifesto della destra divina, sorta di bibbia del politicamente scorretto, del tradizionalista religioso - ma non clericale, anzi un po' dandy - che l'autore riassume nel sottotitolo: «Difendi, conserva, prega». Frase tratta non da D'Annunzio nè da De Maistre, non da Chateaubriand nè dai Padri della Chiesa, bensì da Pier Paolo Pasolini. Il quale, nel suo quasi testamento poetico Saluto e augurio, rivolto a un giovane fascista, scrive parole spiazzanti e profondissime, un manifesto conservatore come i conservatori non ne hanno mai scritto.
Langone, una delle firme più puntute del Foglio (per inciso sarà a Brescia il 15 aprile a parlare proprio di Pasolini) parte dalla poesia del friulano e sviluppa il discorso nel suo stile inconfondibile, tagliente e brillante, ricco di invenzioni e capace di mescolare Sant'Agostino e Raf, Peguy e l'aperitivo del venerdì sera. Così, dopo aver riscoperto il grand tour (ne Il collezionista di città), rilanciato il catechismo (ne La vera dottrina spiegata alle ragazze), inventato la critica liturgica (Guida alle Messe), Camillo fà suo il genere del pamphlet, in diciassette capitoletti che si leggono in un fiato, più un'appendice, su «i libri, la musica e i film della destra divina».
Marco Sampognaro

MANIFESTO DELLA DESTRA DIVINA
Camillo Langone
Vallecchi - 151 pagine, 12 euro

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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