Cultura

La danza contemporanea ha occupato il Teatro Grande

Tre performance unite dall’attenzione alla musica hanno trasformato il teatro bresciano in un santuario della danza: com’è andata
  • Come neve di Adriano Bolognino
    Come neve di Adriano Bolognino - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Come neve di Adriano Bolognino
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  • Una performance nel Ridotto del Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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  • Come neve di Adriano Bolognino
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  • Come neve di Adriano Bolognino
    Come neve di Adriano Bolognino - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Come neve di Adriano Bolognino
    Come neve di Adriano Bolognino - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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La danza contemporanea sa essere difficile, ma capirla è possibile anche se si è a digiuno di performance. Basta poco. Per esempio: si può pensarla come un’opera d’arte visuale, prima che performativa, oppure lasciarsi guidare dalle sensazioni che le immagini suscitano, prima di sforzarsi di comprendere per forza il messaggio che l’artista presumibilmente vorrebbe trasmettere. Perché un messaggio c’è sempre, anche se è vero che a volte servirebbe una decodifica da parte di chi ha composto l’opera. Come accade per l’arte contemporanea.

«Come neve»

Un preambolo per dire che la serata dedicata alla danza proposta in una fredda sera di dicembre al Teatro Grande ha dato tutti gli strumenti per godere di performance dense di significato, ma soprattutto appaganti esteticamente. Non un difetto, per carità: è proprio dall’estetica che passa la prima emozione.

Prendiamo «Come neve» di Adriano Bolognino, che si è tenuta nel Ridotto. Un’opera calda e fredda allo stesso tempo, bella da vedere e stuzzicante per significato.

Un dettaglio di Come neve di Adriano Bolognino - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
Un dettaglio di Come neve di Adriano Bolognino - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it

Gli abiti all’uncinetto, caldi e confortevoli, hanno trasmesso calore e benessere (come aveva detto il coreografo in un’intervista), ma i movimenti delle danzatrici non erano sempre accoglienti e armoniosi: si sono fatte neve che cade e poi animali selvatici, creature del bosco e umani impaurite.

La neve del titolo è quindi nelle movenze che in certi momenti ricordano il cadere dei fiocchi, ma anche nell’unicità di ogni piccolo movimento delle ballerine Rosaria Di Maio e Roberta Fanzini (sempre Bolognino dixit), che in effetti hanno ognuna una propria fisicità, una propria essenza, una propria capacità recitativa. Perché la danza è anche recitazione – con il corpo e con lo sguardo – anche quando non è puramente teatrodanza. Coinvolgentissime anche le musiche di Olafur Arnalds e Josin.

I corpi su vetro di Diego Tortelli

  • Bodies on Glass, spettacolo al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
    Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
    Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
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  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
    Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
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  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
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  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
    Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande
    Bodies on Glass di Diego Tortelli al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it

Il palco principale ha ospitato invece «Bodies on glass» del coreografo bresciano Diego Tortelli, e in questo caso la musica ha acquisito ancora più protagonismo. Oltre ai danzatori Cristian Cucco e Thomas Van de Ven in scena c’era il pianista Andrea Rebaudengo a interpretare una selezione di brani di Philip Glass. Si era detto che i due avrebbero danzato su partiture coreografiche con momenti di improvvisazione, ma questa improvvisazione è quasi invisibile, alla luce dell’armonia della coreografia e soprattutto alla luce della complicità tra i due, vestiti di eleganti abiti-pigiama che si sposano proprio bene nella cornice della platea del Grande, sfondo immaginifico di un lavoro che parla di fragilità, conflitto, sintonia e sospensione.

Il pubblico ha applaudito con forza e ha anche indugiato sulle seggiole al termine della performance, che ha avuto così il tempo di sedimentare e di svelare tutti i significati sottintesi prima dell’accesso alla terza opera della serata.

Bagliore tra danza e musica

  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
    Bagliore n.2 al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
    Bagliore n.2 al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
    Bagliore n.2 al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
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  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
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  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
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  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
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  • Bagliore n.2 al Teatro Grande
    Bagliore n.2 al Teatro Grande - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it

Il «Bagliore n.2» di Salvo Lombardo, interpretato da Marta Ciappina, si è tenuto nel Salone delle Scenografie, a uno dei piani più alti del Teatro Grande, inaccessibile al pubblico se non in queste occasioni curiose.

Salvo Lombardo ha dato a Ciappina una partitura processuale, e quindi non ben definita, ma soprattutto le ha dato il compito di completare un quadro prima di tutto musicale, ovvero quello eseguito dal vivo da Emanuele Maniscalco ed Økapi, ambientale ed elettro-jazz, che immerge in un bosco sonoro.

I movimenti di Marta Ciappina sono quindi dettati dalle sensazioni che questa musica suscita in lei e negli spettatori, a un certo punto coinvolti dai suoi sussurri. C’è quindi chi fa un’esperienza da fuori, solo immaginando cosa la danzatrice abbia rivelato ad alcune persone, e chi invece fa l’esperienza profonda di ascoltare le sue parole, in alcuni casi eseguendo un compito (stare in piedi, semplicemente).

In tutti e tre i casi l’intreccio tra musica e danza è stato profondo, esteso e immersivo, e in tutti e tre i casi il pubblico ha applaudito con sincerità e gratitudine per una serata di bellezza, stimoli e riflessioni in performance.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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