Jazz On The Road, Alessandro Rossi: «Dai giovani contaminazioni e stimoli»

«Soprattutto tra i giovani ci sono un sacco di idee, contaminazioni. Il jazz è una musica destinata ad assorbire tutto quello che le orbita intorno e le nuove generazioni possono portare nuovi stimoli». Alessandro Rossi riassume bene lo spirito che anima i «SuoniImpossibili», la branca di concerti del Festival Jazz On The Road dedicata alla terra di confine in cui si incontrano jazz, rap, soul ed elettronica.
Toccherà al batterista, in concerto oggi con i suoi Em4ncipation, il ruolo di apripista ai tre show gratuiti dedicati alle sonorità altre del jazz. Alle 21.30, al Parco Caduti di Nassirya (via Carducci, Brescia) con Rossi suoneranno Massimiliano Milesi al sax, Massimo Imperatore chitarra, Giacomo Papetti basso e Yah Supreme, rapper di Brooklyn che al suo arrivo ha aperto nuove possibilità sonore per il quartetto: «Nell’estate del 2019 abbiamo iniziato a pensare a un nuovo capitolo discografico dopo il nostro esordio strumentale del 2017, "Emancipation" - dice il batterista riguardo all’inizio della collaborazione con il newyorkese -. Volevamo andare oltre e inserire un cantante. Nel disco ci sono anche altri ospiti, ma il contributo principale è di Yah. Abbiamo fatto un disco da zero, chiudendoci in studio; il prodotto è "Blowing Time Away", che presenteremo al Jazz On The Road».
Al Parco di Nassirya si replica domani con Oliphantre e mercoledì con Debora Petrina trio, inizio dei concerti alle 21.30, in caso di pioggia ci si trasferisce al Teatro Der Mast, via Carducci 17/e in città.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Rossi.
L’aggiunta di un cantante che apporto ha dato alla vostra musica?
La presenza di Yah ha dato una forte svolta estetica al progetto. Fino ad allora era un jazz moderno, elettrico, la voce ha cambiato gli equilibri. Durante il concerto fa anche degli speech in freestyle, strizza molto l’occhio al mondo hip hop, R&B e vicini. Ciò che facciamo è suonare a modo nostro, avvicinandoci allo stesso tempo a quello che crea lui, mentre nel frattempo lui cerca di incastrarsi perfettamente con la nostra musica. Il rap poi instaura un rapporto differente con il pubblico, offrendo uno spettacolo più completo, che ci ha aperto porte decisamente diverse.
Il rinnovamento del pubblico è un problema diffuso del jazz italiano...
Sì, ci troviamo spesso con una platea datata. I nostri coetanei a volte mancano di interesse. È un luogo comune invece che il jazz sia una musica difficile e noiosa. Ci si può divertire, ballare. Così si torna alle origini del genere; negli anni Trenta il jazz era una musica d’intrattenimento, forse bisogna riportare il focus su questo. Francesco Schettino di Jazz On The Road è un direttore artistico visionario, attento alle evoluzioni e ai nuovi linguaggi. Nel festival c’è la presenza di grandi musicisti veterani che portano qualità, importanza e prestigio, ma anche un’attenzione alle novità e alla parte più alternativa.
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