«Io, Figaro alla Scala, nel sogno magico di Mozart e Strehler»

«Calcare le "sacre tavole" della Scala è un’emozione enorme. Lo considero un nuovo inizio, non certo un punto di arrivo. La strada è ancora lunga. Non mi sento solo: porto con me quanti mi hanno consentito questo traguardo e a loro sono sinceramente grato. L’esplorazione dell’universo musicale prosegue. Il teatro non è illusione: è realtà che finalmente appare, in un continuo scambio e rinvio dal teatro alla vita e viceversa, al sommo grado in Mozart». Non nasconde la sua trepidazione il baritono Luca Micheletti, nell’annunciare il prossimo debutto al Teatro alla Scala di Milano, a partire da sabato 26 giugno, nel ruolo di Figaro nelle «Nozze» di Mozart, dirette da Daniel Harding, con lo storico allestimento di Giorgio Strehler.
Ha affrontato Mozart con Riccardo Muti ed ora lo farà con un pupillo di Claudio Abbado...
Non ho ancora iniziato le prove con il maestro Harding e quindi è presto per entrare in osservazioni tecniche, sulle quali mi soffermerò volentieri in futuro. Due anni fa ho cantato le «Nozze» diretto da Muti nel ruolo del Conte, un grande viatico e una lezione indimenticabile. Ora interpreto Figaro: indosso una nuova maschera; capisco, osservo e vivo questa incredibile storia da una prospettiva diversa. Don Giovanni è diventato un altro mio ruolo preferito (e non vedo l’ora di riprenderlo). Insomma, Mozart, poco alla volta, sta invadendo la mia vita. Un cimento molto interessante, che non vedo l’ora di cominciare.
Cosa rappresenta per un uomo di teatro come lei essere dentro una regia di Strehler?
Anche questo è un piccolo sogno. Per motivazioni generazionali non mi è stato possibile conoscerlo personalmente, ma resta uno dei numi tutelari del nostro mestiere e, da italiano, sento profondamente vicina la sua lezione, sebbene io appartenga al secolo a lui successivo. La sua regia delle «Nozze di Figaro» è uno spettacolo nello spettacolo: luci trasversali, pochi oggetti in scena, grandi spazi vuoti per far risaltare l’intero catalogo dei sentimenti umani. Una miscela infallibile di compostezza neoclassica e sensualità, di eros carnale e illuministica chiarezza. È un miracolo che questa messinscena sia ancora perfettamente funzionante e capace di restituirci intatto l’alfabeto del cuore. Strehler ha saputo, come pochi altri, cogliere la profonda teatralità di ogni nota mozartiana.
Nel senso che...?
La profondità di Mozart ci inganna: siccome le sue acque sono limpide, il fondo ci sembra infinitamente vicino alla superficie. Così l’autentica complessità del suo pensiero ci sfugge, ed è al pensiero superficiale, con le sue torbide acque, che invece attribuiamo densità. La sua qualità è di affascinare, di trascinare nel suo gioco, in una vertigine continua e perfettamente lucida. Ci troviamo nei pressi di un enigma che stiamo per risolvere, ma che sempre di nuovo ci elude. Ma non c’è soluzione, né enigma: c’è il riso splendente dell’intelligenza, il greco "ghelos", per cui gli occhi del’uomo consapevolmente brillano, come luccicano la terra e il mare. È bellissimo entrare in questo scrigno.
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