Capua: «La nostra salute dipende dal sistema natura: trattiamolo bene»

Acqua, aria, terra e fuoco. Per gli antichi, la nostra salute era legata all’equilibrio fra i quattro elementi fondamentali. Oggi è Ilaria Capua ad ammonire che «questi elementi, intimamente interconnessi tra loro, stanno creando un disequilibrio molto pericoloso per la nostra sopravvivenza».
La virologa, Senior Fellow of Global Health presso la sede europea della Johns Hopkins University, indica da tempo la necessità di un nuovo approccio alla salute: «Consapevole, circolare e sostenibile». Ne parlerà sabato prossimo, 27 luglio, alle 21 nel Palazzetto dello sport di Ponte di Legno, nel secondo incontro del festival culturale «Il sentiero invisibile».
Il suo ultimo libro, «Le parole della salute circolare» (Aboca), è diventato anche uno spettacolo. Capua lo porterà al Teatro Sociale di Brescia il 24 ottobre, ospite del Ctb in collaborazione con il Collegio universitario Luigi Lucchini e con Aboca.
Professoressa Capua, cosa significa «salute circolare»?
È un modo di pensare diverso: ancor prima della pandemia, mi era già chiaro che non basta più un approccio basato solo sull’individuo, perché la salute della persona dipende interamente da quella del resto del sistema. Se respiriamo un’aria non pulita o introduciamo nel nostro corpo acqua non salubre, il conto a lungo andare si paga.
Bisogna comprendere che tutto è interconnesso?
Avere una visione più integrata della salute è a mio avviso la prossima sfida. Possiamo camminare tutti i giorni, usare i vaccini, praticare una dieta sana, ma tutto questo non basta se l’aria o l’acqua sono inquinate. Il mio obiettivo, quindi, è sensibilizzare le persone alla convergenza di crisi che stiamo vivendo: l’onda lunga del Covid, la crisi climatica, quella alimentare di cui noi non parliamo, ma abbiamo visto che senza il grano dell’Ucraina l’Africa sub-sahariana non ha da mangiare… Sono crisi che derivano dal maltrattamento della nostra casa comune.
Lei spiega che i problemi di salute delle tartarughe marine o delle api ci riguardano direttamente…
Certo, perché sono sentinelle. Il sistema naturale di cui siamo parte integrante ci sta urlando in faccia che così non si può andare avanti. Dobbiamo fare qualcosa, visto che ci siamo autonominati Homo sapiens. La mia consapevolezza si è rafforzata durante la pandemia: ho visto che i decisori andavano in ordine sparso e la gente era confusa, ma poi tutto è rientrato quando le persone si sono prese per mano e sono andate tutte nella stessa direzione. La consapevolezza del singolo, il senso della responsabilità collettiva, oggi sono elementi essenziali. È necessario un forte movimento dal basso.
Anche a Brescia si sono registrati casi sospetti di febbre Dengue. Dovremo abituarci a nuove malattie?
Si chiamavano malattie tropicali… Ora purtroppo le vediamo anche in climi più temperati e in alcune zone si stanno radicando. Questo genere di infezione arriva con passeggeri giunti da aree infette. Se il caso importato non si protegge e si lascia pungere da altre zanzare, quelle zanzare si infetteranno, colpendo a loro volta altre persone. Così si innesca quello che si chiama un ciclo autoctono. È importante attuare una lotta organica a questi insetti, perché la zanzara tigre è un vettore che trasporta un sacco di virus diversi. Un altro rischio da cui dovete guardarvi sono le malattie da zecche, aumentate perché fa più caldo e le larve, che morivano durante l’inverno, adesso sopravvivono.
Una minaccia, forse ancora poco avvertita, viene dai batteri multiresistenti.
È un problema serio, legato all’abuso di antibiotici e causa di infezioni anche molto gravi. Anche su questo i singoli possono intervenire. Non buttando i farmaci scaduti giù per il lavandino o il gabinetto o nella spazzatura, ma portandoli in farmacia, perché altrimenti rientrano nel ciclo dell’acqua e da lì nella terra alterandone lo stato. Lavandosi le mani in tutte le occasioni necessarie. Usando gli antibiotici correttamente e non in eccesso. Bisogna fare attenzione a queste cose, non possiamo più far finta di niente.
L’uso dei Big Data può aiutare a stabilire un rapporto più integrato e rispettoso con l’ambiente?
È già avvenuto in alcuni casi, ad esempio nell’evidenziare il rapporto tra l’aumento di polveri sottili e una maggiore quantità e gravità dei casi di Covid. È così anche per gli studi sulle microplastiche, trovate perfino nel cordone ombelicale dei neonati. Per fare queste valutazioni i diversi enti e istituzioni devono parlarsi tra loro e incrociare i numeri. Ma ognuno tende a rimanere nella propria comfort zone. Bisogna invece investire nelle collaborazioni interdisciplinari ed interistituzionali.
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