Il soprano bresciano: «Canterò Luisa Miller e mio padre sarà con me»

«Con il canto vivo un’estasi: sono dentro la musica, mi avvolge, mi coinvolge. Sono un’altra e sono più me stessa». Il 24enne soprano di Lonato Alessia Panza sembra già solcare un cielo empireo.
Ha inaugurato il 2023 con la vittoria del Concorso Internazionale AsLiCO per il ruolo di Luisa Miller, prima classificata fra oltre 200 concorrenti (tournée in autunno nei teatri di Brescia, Bergamo, Como, Cremona, Pavia), l’8 gennaio ha cantato su Rai 1 (trasmissione «Uno Mattina»); gli anni scorsi ha trionfato ai concorsi di Pesaro, Cosenza, Alicante (Spagna), Piacenza, Brescia («Omaggio a Maria Callas»). Voce smisurata e lucente, dal fiammante temperamento. Predestinata al proscenio, all’emozione canora, alla verità operistica. Ha cantato con Michele Mariotti, Daniele Gatti, Donato Renzetti, in settembre torna al Festival Verdi di Parma (cover di Amelia nel «Simon Boccanegra», diretta da Riccardo Frizza), poi è Mimì nella «Bohéme» (Teatro Duse di Bologna e "Spazio Teatro 89" di Milano), tiene un récital verdiano al Teatro dell’Opera di Bilbao (Spagna), all’Opernhaus di Zurigo (Svizzera), e altro ancora.
«La "chiamata" del suono è scattata a sei anni - spiega Panza -. Suonavo il clarinetto nella Banda di Lonato, sotto la guida di Carlo e Bruno Righetti, i miei primi "genitori" musicali. Spesso accompagnavamo alcuni cantanti: il loro modo di far vivere la musica mi ha subito affascinato. Nel tempo la passione è cresciuta. Ho studiato con Alessandra Perbellini al Liceo "Gambara" di Brescia e mi sono diplomata al Conservatorio di Parma con Donatella Saccardi.
Nell’anima mi sento profondamente "callasiana", oggi mi conquista il soprano Anna Pirozzi, una figura di riferimento, un modello altissimo. Verdi è puro Belcanto, è ascolto profondo di quanto scritto. Richiede orecchio e cuore musicali, non (solo) volume, forza, potenza. C’è già tutto, la sua musica ti suggerisce intenzioni, gesti, accenti».
È felice di impersonare «Luisa Miller»?
La considero un’opera "fatale", per almeno due motivi. Quando l’ha composta, Verdi disponeva del virtuoso clarinettista del "San Carlo" di Napoli (infatti, ci sono splendidi duetti fra la protagonista e lo strumento a fiato): nell’affrontare questo melodramma potrò così rivivere entrambi i miei due grandi amori, in un tenero dialogo a distanza. Inoltre, «Luisa Miller» ruota intorno alle vicissitudini di un padre e di una figlia. Mio papà Vittorio è mancato nell’agosto del 2021. È destino che il mio debutto ufficiale nel "grande teatro" avvenga proprio con un’opera basata su tali rapporti famigliari.
Tutte le scelte di Luisa sono dettate da uno sconfinato affetto paterno. In un meraviglioso duetto i due si guardano, si parlano, chiedono la benedizione di Dio. In quell’occasione, sul palcoscenico, mio padre sarà lì. Lascerò un pezzo di me, qualcosa che eccede la finzione teatrale. L’arte è esperienza rivissuta e riconsegnata. La svolta nella mia carriera è iniziata dopo la morte di papà: quasi che, dall’alto, abbia guidato i miei passi, i miei incontri, la mia sorte. Non credo al caso. Misteriosamente, lui è ancora con me.
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