Cultura

Il ritorno alle origini dei Baustelle passa anche da Brescia

Il nuovo disco della band è stato in parte registrato da Marco Tagliola, uno dei migliori fonici del nostro territorio
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Erano quasi un «Fantasma» i Baustelle, visto che il loro precedente album in studio risaliva a ben quattro anni fa (in mezzo solo un live). 

Adesso, con «Amore e violenza», tornano in un disco che parla anche bresciano, visto che è stato in parte registrato al Mar Moons Lab di Nave con il bresciano Marco Tagliola, tra i «top fonici» del nostro territorio, che compare nei crediti dell’album anche come musicista (Vocoder VP330 plus, microsampling, additional production). Tagliola è anche accreditato come progettista dello studio La Bicocca, a Castelmuzio, dove è stato registrato parte del disco.

Chiudendo il discorso sui riferimenti bresciani, nel booklet, infine, compaiono i ringraziamenti a Asso Stefana e a Giorgia Poli (Scisma) per avere prestato strumentazione alla band. 


 
«Queste sono le nostre canzoni d’amore in tempo di guerra. Nella presentazione che ha scritto per questo album - racconta Francesco Bianconi, leader dei Baustelle, accanto a Rachele Bastreghi e Claudio Brasini - Alcide Pierantozzi ha detto che noi non siamo dei bravi ragazzi, ma che la nostra cattiveria ha un senso. L’ho preso come un complimento perché la cattiveria usata in modo sensato è un buon modo per uscire dalla retorica. Se devo raccontare una storia d’amore penso sia bene raccontarla quando finisce, oppure mostrare i motivi per cui uno ha tradito l’altro, oppure ancora raccontare le cose più meschine che ci sono in ogni storia, proprio perché le vicende all’acqua di rose le conosciamo già tutti». 

Il primo estratto è curiosamente (ma, se si pensa alla band, sempre a cavallo tra nostalgia e atmosfere retrò) intitolato «Amanda Lear». «È una figura che rappresenta la leggerezza apparente - hanno commentato i Baustelle a proposito della canzone -, ma che in realtà è leggerezza con un peso specifico non indifferente, come lo era quella di David Bowie o quella di Serge Gainsbourg. È questa la leggerezza che intendiamo e che ci piace».

Ma Bianconi e soci sono sempre in bilico tra il passato e l’oggi. «Il contemporaneo - spiegano i Baustelle - è qualcosa di cattivo anche lui. È cinico nella maniera in cui non ha più niente di nobile ed è qualcosa che applichiamo tutti noi, nella vita di tutti i giorni, per sopravvivere. Il nostro mestiere è raccontare questo cinismo e metterne in evidenza anche i tic, le crepe e il suo essere ridicolo. Il tutto, cercando di scrivere canzoni il cui contenuto non scada il giorno dopo». 

Dalle atmosfere elettroniche anni Ottanta del singolo alle poesie urbane dei testi di Bianconi, il disco si configura come un riuscito «ritorno alle origini», quasi la band avesse attinto alla freschezza del «Sussidiario illustrato della giovinezza» (uscito nel 2000), tenendo però valida la lezione dei dischi più significativi della loro carriera, che hanno segnato evoluzioni e maturazioni, da «La malavita» ad «Amen». E mentre l’Europa unita «trema» in «Betty», si salta e si balla in «Eurofestival», che sembra scritta apposta per i live. 

A proposito. L’amore e la violenza sarà presto anche un tour che la band porterà nei teatri dal 26 febbraio, con partenza dal palco dell’Auditorium S. Domenico di Foligno. «La dimensione teatrale - ha spiegato Bianconi - è un azzardo, perché questo è un album che potrebbe essere suonato anche nei club o nelle discoteche, se ancora esistessero. In questo modo però vogliamo permettere a chi verrà ai nostri concerti di ascoltare bene le canzoni che abbiamo scritto e sulle quali siamo sicuri partirà anche il tamburellare dei piedi sotto le sedie».

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