Il «mansplaining» di Lundini conquista il «Morato»
Paradossale, irriverente, fuori da ogni schema. Lontano anni luce dagli stilemi della comicità all’italiana, così come dalle battute facili, scontate. Valerio Lundini fa il suo ingresso sul palco del Gran Teatro Morato di Brescia, una mezz’ora buona dopo l’inizio previsto dello spettacolo, perché le operazioni di controllo di documenti e Green pass creano code, lunghe da smaltire. Lo fa davanti ad una platea numerosa, nonostante l’escalation dei contagi, che si fa sentire anche negli ambienti dello spettacolo dal vivo. Quella pandemia, cui il comico fa riferimento più volte nell’arco della serata.
Il pubblico lo accoglie con grande calore: Lundini è a Brescia per presentare «Il mansplaining spiegato a mia figlia», tour nei teatri (recupero dello spettacolo che a Brescia avrebbe dovuto andare in scena lo scorso 4 dicembre), scritto, diretto e interpretato dallo stesso artista romano, personaggio dell’anno acclamato dalla critica, dopo il successo in seconda serata su Rai2, con le interviste di «Una Pezza di Lundini» e dopo il tutto esaurito nelle 24 tappe di tour estivo.
In scena
Un’ora e 40 minuti serrati, dove l’attore-presentatore snocciola uno dopo l’altro monologhi, canzoni, giochi satirici di parole ed effetti speciali multimediali. Un pot-pourri di pezzi vecchi e nuovi, in cui si parla di locandine teatrali, investigatori, amore, incidenti, sale da ballo e musical americani anni ’80. Ed è con cappello e impermeabile da investigatore che inizia la lunga carrellata di personaggi e situazioni, basata su equivoci linguistici e rovesciamenti di cliché. Siamo a Manhattan, alle 19,15 della sera, come nei nebbiosi fumetti di Nick Carter, e c’è un caso da risolvere, la scomparsa del marito di un’affascinante cliente che, però, lo scambia per un detective mentre in realtà è un… podologo. Via dunque alla galleria delle locandine immaginarie dei suoi futuri spettacoli, «da qui al mio epilogo»: nei titoli (strampalati) è in compagnia dei più disparati artisti viventi e scomparsi: da Celentano a Guccini, da Troisi al Mago Zurlì.
Esilarante lo sketch sullo stravolgimento dei luoghi comuni su amore-sesso, con il leggio che viene moltiplicato come fosse una figura umana, un personaggio dopo l’altro: ci sono il ragazzo, la fidanzata, gli amici, i genitori di lei… E la gag col reporter collegato dalla città di «Saparitani», estremo Oriente, dopo il crollo del pavimento della sala concerti dove si esibiva la procace cantante Shanya Love. Non c’è un vero filo conduttore, a meno di non considerare tale lo stile inconfondibile e sui generis di Lundini. «Mansplaining» è titolo inventato ma accattivante, che esprime nel suo nonsense vero o apparente tutta l’essenza di Lundini. Che, alla fine, una figlia a cui spiegarlo nemmeno ce l’ha.
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