Il gallerista Minini: «Ho incrociato destini importanti»

Settantasette anni, 300 mostre in quasi mezzo secolo di attività (ricorrenza nel 2023), altrettante presenze ad ArtBasel (la fiera di Basilea, evento di settore più importante in assoluto) e tutta la Storia dell’arte contemporanea che conta passata nella sua Galleria, che ha sede in città.
Massimo Minini, il gallerista che dalla provincia di Brescia ha raggiunto le più alte vette a livello mondiale, sentiva il bisogno di mettere i puntini sulle «i». Lo fa con un libro che raccoglie la parte più rilevante dei suoi scritti passati e recenti, per ripercorrere una storia professionale ma anche (parecchio) umana, che ha «incrociato destini importanti». Minini, domanda di rito.
Da dove nasce l’esigenza di questo volume?
Da fatti concomitanti. Ho 77 anni, la mia attività quasi 50, e volevo lasciare una traccia tangibile per far sapere che sono passato di qua.
Troppo modesto. La sua è una delle gallerie più importanti al mondo…
Sa, oggi si parla tanto di digitalizzare gli archivi, che sono la nostra memoria storica. Io invece sono un convinto sostenitore del fatto che occorra «cartolarizzare» il digitale. Volevo catturare quei contenuti troppo volatili che rischiavano di sparire nel mio pc. Il risultato sono 30 capitoli dai sottotitoli decisamente ironici, in cui ho preso nota di fatti, pensieri, opinioni e relazioni locali, nazionali e internazionali maturate in questi anni.
Un capitolo ad hoc lo ha meritato l’esperienza alla Fondazione Brescia Musei...
«Discorsi per Fondazione Brescia Musei», sottotitolo «Mi fanno presidente. Devo stare attento a ciò che dico e come lo dico», racchiude i testi dei miei interventi pubblici, tra cui quelli su Bigio e Crocera di San Luca. La realtà è che avevo un’idea magnificente del ruolo, ma ci pensò subito l’allora direttore Di Corato a spiegarmi che il mio era istituzionale ed il suo pratico. Poi, dipende sempre dal punto di vista che si vuole adottare. Pensi a Sgarbi: da quando è presidente del Mart di Rovereto il direttore se l’è data a gambe. La sconfitta più grande è la mancata acquisizione dell’opera di Kapoor da collocare sullo scalone della Pinacoteca, ad un costo assai inferiore rispetto al reale valore. Non imputabile alla Fondazione, fu una scelta politica presa a più livelli. E poi c’era la questione del sospetto che il gallerista o l’artista ci guadagnassero in immagine...
E così, fu la città che non riuscì ad approfittare della sua esperienza...
Con le mie conoscenze avrei potuto fare molto di più. Sarebbe bastato poco, semplificare alcuni passaggi burocratici. Ma con la propria attività privata uno fa quel che vuole, in un ufficio pubblico non è possibile. E l’Italia sotto questo aspetto è uno dei Paesi più complicati.
A proposito di Pinacoteca e di occasioni sfumate. Racconta che nel 2016, prima che ad Anish Kapoor, lei chiese ad un altro fuoriclasse come Ettore Spalletti di ripensare i colori delle pareti della Tosio Martinengo...
Nel libro è riportato lo scambio di email avute con Ettore, in cui gli propongo, insistendo, di pensare ai muri che avrebbero ospitato Raffaello, Savoldo, Hayez, Lotto. Mi disse «no, grazie». Così telefonai a Kapoor, che in pochi minuti accettò.
Mai giudicare un libro dalla copertina. Ma qui ne abbiamo una, moltiplicata per quattro, di tutto rispetto…
È un’opera del grande artista e amico Daniel Buren, che l’ha pensata in quattro versioni: ogni colore riporta una frase diversa. Lo incontrai per la prima volta nel ’73, quando decisi di aprire la mia galleria che all’epoca aveva sede nel centro storico di Brescia (oggi è in via Apollonio, ndr). Ero un ragazzotto della Valle Camonica, andai da lui e gli dissi cosa avevo in mente. Giovane, ma già famoso, disse che ci avrebbe pensato. Di fatto voleva che dimostrassi cosa sapevo fare. Dopo un anno, in cui ci tenemmo in contatto, accettò di fare la sua prima mostra da me.
Questo ci porta a chiudere con il doveroso quesito: come ha fatto un ragazzo della provincia di Brescia ad arrivare dove è arrivato lei? Ora ce lo può dire...
Questa domanda me l’hanno posta anche anni fa, quando ritirai il premio a Basilea per la per miglior galleria europea. Risposta: mi sono misurato da subito con forze più grandi di me. Artisti, galleristi, critici... mi sono dato modelli alti e questo ha portato risultati. Ho anche viaggiato molto. E sono stato disponibile ad accettare le nuove posizioni di artisti che ribaltavano il concetto di arte. Ho incrociato destini importanti: che non solo io ho incontrato, ma magari gli altri non se ne sono accorti.
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