Il documentario: «Il mio Ferlinghetti e un’altra idea di sogno, in sintonia umana e ideale»

Il legame nato negli anni 2000 tra Lawrence Ferlinghetti e Brescia si rinnova. L’occasione non è, come nel settembre 2002, l’illusione di trovare echi di famiglia fra i tanti di cognome Ferlinghetti a Chiari. Né, come nell’ottobre 2005, il coronamento di quella che il qui vostro cronista (che di Ferlinghetti ha raccontato sul Giornale di Brescia le presenze a Verona, Chiari e Brescia) definisce la «ossessione romantica» delle sue radici, e cioè quando il poeta seppe – da certificato dell’Anagrafe – che il padre Carlo, morto prima che lui nascesse, era nato al Carmine nel 1872.
No, stavolta è più semplice, ma malinconicamente d’epitaffio: il 17 aprile, alle 21, al cinema Nuovo Eden, in via Nino Bixio, si proietterà il documentario «The Beat Bomb» (2022) di Ferdinando Vicentini Orgnani, che del decano della Beat Generation scomparso il 22 febbraio 2021 sulla soglia dei 102 anni è il più recente cantore.
Il regista sarà in sala col fotografo bresciano Walter Pescara, che al «doc» ha partecipato con la testimonianza e un portfolio d’istantanee scattate a Ferlinghetti ovunque, Chiari e Brescia comprese; fra cui la chicca del quasi-arresto al Carmine mentre il poeta, pittore ed editore americano cercava di visitare la casa paterna.
Il regista
«The Beat Bomb», presentato a novembre 2022 al Torino Film Festival, è un’ode a Ferlinghetti, ma anche un tuffo di 83 minuti nella sensibilità e, al contempo, nella potenza d’analisi&ribellione della poesia e dei poeti; tantopiù dei «battuti e beati» della Beat Generation. Un viaggio tra volti e testimonianze, fra bohème e impegno civile del fondatore della City Lights Bookstore ed editore dell’inno-beat «Howl» di Allen Ginsberg, ma non soltanto. E, paradossalmente, tutto è nato per caso.
Ce lo racconta lo stesso regista Vicentini Orgnani, al telefono dal set d’una docu-fiction su sua madre: «L’idea non esisteva quando nel 2007 andai a San Francisco per un doc sul Sessantotto e volevo cogliere le radici della contro-cultura, Beat Generation, Hippies, Black Panthers... Il compianto poeta beat Jack Hirschmann mi presentò Ferlinghetti e ci fu subito sintonia umana e ideale, tanto che da allora gli feci visita a ogni viaggio negli Usa, dove negli ’80 ho studiato musica: ogni volta filmavo momenti con lui. Un feeling che mi portava a fare persino da improvvisato... rappresentante quando voleva collocare qualche sua opera, come alcuni disegni che acquistò Sabina Guzzanti con cui collaboravo».
«Il progetto – continua il 59enne documentarista milanese – s’è così formato per accumulo, anche grazie a Luciano Sovena, già amministratore delegato di Cinecittà che nel 2003 mi affidò il doc "Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni". All’inizio volevo intitolarlo “Poets don’t pay”, i poeti non pagano: vicino al beat Caffè Trieste c’era un ristorante persiano in cui andavo con lui e altri, e io, sapendo che i poeti non navigano nell’oro, offrivo spiegando loro che “poets don’t pay”. Poi però il titolo è stato "The Beat Bomb" e il senso si comprende a fine-film, quando Ferlinghetti, con la poesia "The Story of the Airplane" scritta dopo l’11 Settembre, denuncia lo stravolgimento del sogno dei fratelli Wright e la pesante e pericolosa ingerenza negli Usa e nel mondo del sistema militar-industriale americano».
Il doc e gli attori
«The Beat Bomb» - prodotto da 39 Films e Luce Cinecittà, con la colonna sonora del trombettista jazz Paolo Fresu – sciorina dunque poesia, ribellione, anarchia civile, lievito dell’arte ferlinghettiana e dei beatnik tutti. Testimoniate anche da big italiani come Giorgio Albertazzi e Michele Placido: «Negli Usa – dice Orgnani - ho coinvolto interpreti come Amanda Plummer (vista in “Pulp Fiction”, “Ratched”, “Star Trek: Picard”..., ndr) e Joanna Cassidy (“Uccidete la colomba bianca”, “Blade Runner”, “Six Feet Under”...). Joanna da giovane ha vissuto a San Francisco e le ho fatto ripercorrere le vie dei beatnik, e declamare una lirica di Gregory Corso. C’è poi Tony LoBianco (“Il braccio violento della legge”, “The Honeymoon Killers”) a me caro anche per aver recitato nel mio saggio di diploma al Centro di cinematografia. Lui, da repubblicano convinto, quando gli ho chiesto di declamare due poesie di Ferlinghetti, era perplesso data la distanza ideologica, ma l’ha fatto meravigliosamente».
Potenza della poesia, di una bomba-beat che non ha seminato morte, ma speranza. Di cui Ferlinghetti è stato vivida presenza da non dimenticare...
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