Il difficile mestiere dello storico secondo Canfora

«Lo storico in realtà sussiste in relazione con il potere: o perché suo antagonista o perché suo strumento». Mestiere pericoloso, quindi, quello dello storico come sottolinea Luciano Canfora nelle conclusioni del suo saggio «L'uso politico dei paradigmi storici», edizione riveduta e aggiornata di quella uscita per la prima volta nel 1982 per il Saggiatore.
Insidiosi gli argomenti al centro del lavoro del celebre filologo dell'Età classica: come si pensano i fatti storici e quali sono strumenti del fare storia, in una ineludibile relazione con le esigenze, le storture, le condanne e le manipolazioni del revisionismo. Lo storico non è un fisico, non ha a disposizione un laboratorio, non può osservare in diretta e neppure sperimentare. A queste mancanze risponde con lo strumento dell'analogia, un surrogato che permette di illuminare il processo storico ricorrendo al noto per comprendere il meno noto. Così il fare storia diventa un'opera continua di traduzione del passato. Un viaggio a ritroso nel quale lo storico si proietta portandosi dietro il proprio vissuto, le problematiche e le contraddizioni del presente. Canfora ci tiene a sottolinearlo: lo storico è parte del mondo che vuole conoscere, non è un freddo e imparziale arbitro. Lo si comprende nella parte riservata all'archetipo per eccellenza dell'analogia storica: la Rivoluzione. E, in quest'ultima, nelle alterne vicende delle analogie tra la rivoluzione francese e quella bolscevica. Fasi storiche e rapporti di forza ne decretano le alterne fortune, tra identificazioni, esaltazioni e condanne.
Diego Bertozzi
L’USO POLITICO DI PARADIGMI STORICI
Luciano Canfora
Laterza - 124 pagine, 16 euro
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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