Cultura

Il 3 marzo si ricorda la morte del patriota Tito Speri

Fu tra le guide delle Dieci Giornate di Brescia del 184 e tra i «martiri di Belfiore» giustiziati nel 1853.
Tito Speri visto da Luca Ghidinelli
Tito Speri visto da Luca Ghidinelli
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Lo spazio che accoglie le vignette «in punta di matita» firmate da Luca Ghidinelli aggiunge un tocco nostrano e si fa guida alla scoperta (o riscoperta) di figure di oggi e di ieri di figli della Leonessa ai quali in occasione di ricorrenze più o meno note il vignettista bresciano dedica una sua tavola. E attraverso essa - che si guardi alla storia o al mondo dello sport, agli spettacoli o alla politica - i lettori possono con un sorriso rinnovare ricordi e conoscenze tutti squisitamente di marca bresciana.

 Il 3 marzo 1853, a Belfiore in provincia di Mantova, moriva Martire Tito Speri, patriota bresciano, tra i comandanti dei rivoltosi bresciani durante le Dieci Giornate del 1849.
Tito Speri nacque in città il 2 agosto 1825. Frequentò il Liceo Classico Arnaldo, dove si distinse per le sue doti letterarie e poetiche. 

La morte prematura del padre ex soldato napoleonico e anti austriaco, lo costrinse ad andare in un’altra famiglia. Dovette anche abbandonare gli studi, salvo poi iscriversi al Seminario di Brescia, dove ottenne il diploma di maturità.

Ma Tito Speri era uomo d'azione e così nel 1848 partì volontario nella prima guerra di indipendenza e militò nei Corpi Volontari Lombardi impegnati nell'invasione del Trentino.
L'esperienza bellica lo galvanizzò. Tornò a Brescia ed entrò nel comitato clandestino che si apprestava a preparare l'insurrezione armata della città. Nel 1849 Tito Speri comandò in prima persona la rivolta delle Dieci Giornate.

Con la capitolazione di Brescia il giovane Speri si rifugiò in Svizzera nel Canton Ticino. Si spostò poi a Torino dove ottenne un impiego presso il Ministero dell'Istruzione. Nel capoluogo piemontese aderì agli ideali dei moti mazziniani.

Al rientro in terra natia Tito tornò a riabbracciare la causa irredentista e fu perciò arrestato dalla polizia austriaca. Nel processo fu giudicato colpevole di alto tradimento e di tentato omicidio e condannato a morte per impiccagione con i bresciani Conte Carlo Montanari e don Bartolomeo Grazioli, mentre altri venti imputati videro la pena commutata in detentiva.

Fu giustiziato il 3 marzo 1853 a Belfiore e ora riposa nel Cimitero Monumentale di Brescia.

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