Ian Anderson: «Suonare è sacro»

For the benefit of Jethro Tull. Storpiatura lennoniana per ricordare che, il prossimo 22 dicembre, Ian Anderson suonerà in chiave natalizia - e con finalità benefiche - nella chiesa di Santa Maria Immacolata di Nave (ingresso 40 euro; info: www.gospelfest.it e www.slangmusic.com).
Cancellando subito l'immagine di un Anderson in versione Santa Claus, meglio passare a questioni più sapide. Magari iniziando a farsi spiegare il perché di questa scelta di suonare in luoghi sacri, con un repertorio riarrangiato, per l'occasione, in chiave natalizia. «Qualche anno fa - spiega il flautista del rock per antonomasia - mi sono esibito insieme a Greg Lake durante una funzione, quindi ho suonato in alcuni concerti benefici, sempre in luoghi di culto. Ho pensato che sarebbe stato bello ripetere una simile esperienza anche in Italia».
Per essere l'autore di un brano come «My God» (dal disco-capolavoro «Aqualung») tacciato di scarsa religiosità, Ian Anderson rivela senza pudore un lato spirituale piuttosto marcato: «Non mi definirei un cristiano, ma mi considero credente. Tornando alla musica, cerco di far coesistere l'aspetto sacro con quello più terreno. Quanto al repertorio, bisognerà attendersi pezzi classici dei Jethro Tull (che nel 2003 hanno pubblicato proprio un "Christmas Album", ndr), qualche canzone folk e anche brani ecclesiastici inglesi, leggermente jazzati».
Per nulla stanco di rimettersi in gioco dopo una carriera quarantennale («le motivazioni sono diverse: basti pensare allo stimolo di rielaborare vecchie idee musicali in chiave più attuale»), Ian Anderson non teme di confrontarsi con i revival. Messe in naftalina le celebrazioni per i quarant'anni di «Aqualung», il 2012 vedrà cadere un altro importante quarantesimo, quello di «Thick as a Brick». Ma avrà un favorito tra i due gioielli più fulgidi della collezione griffata Jethro Tull? «Ho canzoni preferite piuttosto che dischi interi - spiega -, anche se "Aqualung" è molto importante per me. Posso dire di essere molto affezionato a Budapest (dall'album «Crest of a Knave», ndr). "Thick as a Brick" è un progetto impegnativo da portare in tour, sono anni che ho in mente di allestirlo».
Glissando sui suoi eccessi da palco degli anni '70, quando le sue esibizioni non mancavano di regalare «scene forti», Anderson confessa di non avere grande interesse a farsi incasellare in un genere predefinito: «Il termine progressive rock è piuttosto generico, ma quando è diventato semplicemente prog rock si è trasformato in una brutta parola. Ora le cose non sono più così, per quanto - sostanzialmente - non sia un argomento che mi scaldi troppo».
Pur essendo una persona «che ama la solitudine», Anderson non disdegna meeting ad alto tasso musicale. Tra gli ultimi «incontri», sfociati in collaborazioni sul palco, ricorda «Bruce Dickinson degli Iron Maiden, Justin Hayward dei Moody Blues e Greg Lake, anche se resto legato soprattutto a vecchi e nuovi membri dei Jethro Tull».
Per il 2012 Anderson non ha solo «Thick as a Brick» in agenda. «Registrerò un disco con un quartetto d'archi, arrangiando alcuni miei brani scritti per i Jethro Tull. Quindi inciderò nuovi brani, magari con solo chitarra e flauto. Inoltre ho appena finito di realizzare l'album della mia nuova band, che porteremo in tour l'anno prossimo». Hard, folk, classico, liturgico: va bene tutto, ma quello di Ian resta ancora un flauto... in progressive.
Rosario Rampulla
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