Cultura

I «Lavori di scavo» di Coetzee, romanziere critico

In questo ricco saggio il celebre scrittore, premio Nobel per la letteratura nel 2003, analizza l'opera di colleghi più o meno famosi, senza per questo rinunciare a sprazzi da «autore di razza», soffermandosi sull'importanza di farsi ispirare anche da terre lontane
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Scrivere libri e «criticare» i libri degli altri. Due attività parallele anche per molti autori contemporanei, da Milan Kundera a Claudio Magris. Come se fra lettura (di opere altrui) e scrittura si creasse un vincolo imprescindibile: un ideale debito di «riconoscenza» nei confronti di predecessori e colleghi.
Romanziere e critico letterario è anche J. M. Coetzee, scrittore sudafricano, premio Nobel per la letteratura 2003, conosciuto in Italia soprattutto per «Elizabeth Costello» e «Vergogna». Einaudi ha di recente pubblicato il suo saggio dal titolo «Lavori di scavo» curato da Paola Splendore e comprendente scritti, tra il 2000 e il 2005, su alcuni classici del Novecento, da Robert Musil a Günter Grass, da Philip Roth a Gabriel García Márquez. Non nuovo a lavori di questo genere, anche per la sua attività di docente universitario, Coetzee, nell'analisi letteraria, non tradisce la propria indole di scrittore. Gli autori in esame vengono quindi tratteggiati alla stregua di veri e propri personaggi di una storia, come in un sottile cambio di ruoli.
La penna di Coetzee si muove a tutto tondo e così il risultato è difficilmente riconducibile ad un unico campo, oscillando tra critica letteraria, biografia, riassunto e saggio storico-culturale. Parlando di Italo Svevo, ad esempio, fondamentale è la collocazione dell'autore in una Trieste multietnica, ma la lente d'ingrandimento si sposta anche sui rapporti con l'allora nascente psicanalisi (chiari soprattutto ne «La coscienza di Zeno») e persino sul linguaggio adottato, un italiano a tratti «tortuoso e non musicale».
Coetzee introduce il lettore anche in terreni poco esplorati, almeno nel nostro Paese. Si pensi all'accattivante ritratto dello scrittore svizzero Robert Walser, personaggio tormentato (passò diverso tempo in una clinica psichiatrica) ma anche ironico («Non sono qui per scrivere. Sono qui per essere matto» rispose ad un visitatore). Dello stesso Walser «il metodo della matita» che prevedeva un movimento della mano regolare e ritmico, assolutamente necessario nella stesura dei testi. La presenza di molti riassunti consente al saggio di Coetzee di mantenersi fruibile anche a proposito di opere meno note, mentre le lunghe analisi sulla traduzione lo rendono a tratti più impegnativo.
Ma «Lavori di scavo» è anche riprova di quanto a Coetzee è già stato riconosciuto in sede di Nobel, la cui motivazione recita: «In innumerevoli forme ritrae il coinvolgimento dello straniero». Coetzee, che si divide fra Città del Capo, Londra e l'Australia, sottolinea infatti l'amore che può nascere per una terra diversa da quella natia, come nel caso di Joseph Roth per la Francia. E poi pesca autori da una biblioteca ideale che valica i confini spazio temporali. Occupandosi di Philip Roth tocca il tema del complotto, ricorrente nell'immaginario americano, e trattando di Marquez vi ravvisa un parallelo con il Don Chishiotte. Coetzee infine torna in patria tracciando il profilo di Nadine Gordimer (altro Nobel), sua precorritrice nella narrazione delle gravi disparità del Sudafrica.
Stefania Vitale

LAVORI DI SCAVO
J.M. Coetzee
Einaudi- 310 pagine, 26 euro

 

 

 

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