Cultura

I castelli sparsi spesso dimenticati della Bassa Bresciana

Un patrimonio d’arte e cultura sulle sponde Oglio, del Chiese e del Mella da riscoprire
A Urago d’Oglio, il castello mostra i tetti cadenti e le precarie condizioni di conservazione - Foto Mauro Pezzotta © www.giornaledibrescia.it
A Urago d’Oglio, il castello mostra i tetti cadenti e le precarie condizioni di conservazione - Foto Mauro Pezzotta © www.giornaledibrescia.it
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Capita spesso di percorrere centinaia di chilometri per visitare una città, una bellezza naturale o un capolavoro d’arte. Una volta giunti a destinazione, si ammira tale meraviglia pensando sia un vero peccato non esista niente di simile nella terra che abitiamo. Poi, con somma meraviglia, scopriamo che proprio a due passi da casa nostra ci sono un palazzo, una chiesa o un museo che abbiamo sempre ignorato. Davanti a queste opere siamo passati mille volte senza degnarle di uno sguardo. Succede per disattenzione, o perché guardiamo con gli occhi dell’abitudine. Un esempio: chi potrebbe elencare gli innumerevoli manieri che la campagna bresciana conserva? Sono talmente tanti che sembra siano stati originati dall’antico gesto del seminatore quando, prima che il cielo invernale regali neve, spande i semi preziosi sulla terra rivoltata di fresco.

Inoltriamoci allora fra paesi, cascine e campi della nostra provincia: scorgeremo percorsi e monumenti che ci convinceranno, scoprendo che questo territorio, oltre a essere stata terra conquistata e creatura mai amata, ha qualcosa che vale la pena di conoscere e valorizzare. Disseminate sulle sponde dell’Oglio, del Chiese e del Mella, ora adagiate al piano o appollaiate su dossi modellati dallo scorrere millenario di questi fiumi di pianura, tali opere architettoniche sanno evocare quello che fu il medioevale paesaggio della Bassa bresciana.

Il cortile interno del maniero della Motella - Foto Mauro Pezzotta © www.giornaledibrescia.it
Il cortile interno del maniero della Motella - Foto Mauro Pezzotta © www.giornaledibrescia.it

Qua e là distese interminabili di boschi ricchi di querce, olmi e ontani. Sotto la macchia fitta, ecco sconnessi tratturi che collegavano queste costruzioni fortificate creando una rete difensiva per quei tempi strettamente necessaria. Ai piedi dei possenti bastioni poche case in legno o falaschi, un mulino, una chiesa campestre per dare corpo e sostanza a quell’autarchia indispensabile in un’era in cui le distanze erano di grande ostacolo. Ecco Castelmerlino a Verolanuova, la torre pendente e solitaria del maniero di Verolavecchia, la residenza affrescata dal pittore Gambara a Villachiara, la fortezza veneta di Orzinuovi di fronte al borgo fortificato di Soncino, dove fu imprigionato il terribile Ezzelino da Romano, il castello visconteo trecentesco della Motella, l’esoterico castello di Barco, la misteriosa residenza dei conti Medolago a Villagana, lo strategico castello di Pontevico più volte distrutto e ricostruito, la casa-castellana di Monticelli d’Oglio, magnifico esempio di architettura toscana impiantata in terra bresciana... per citarne solo alcuni. Fortificazioni quasi sempre abbandonate o poco curate che conservano, dietro le porte ad ogiva, fatti solo bisbigliati non senza timore, diventati misteriose leggende.

Si racconta del macabro monito dei Martinengo che conservavano appeso alla forca l’ultimo brigante condannato a morte per le malefatte consumate tra queste contrade. Viene ipotizzata l’esistenza di profondi pozzi muniti di lame taglienti ove i signori gettavano le sventurate e più belle paesane. Si narra di cunicoli che da questi manieri conducevano sin sulle sponde del fiume Oglio: gallerie a vòlto che qualcuno sostiene di aver visitato, trovandole ingombre di miseri resti umani. Sono ruderi fatati - dice la tradizione popolare - dove, nelle notti tempestose, s’aggirano teorie di fantasmi vestiti di bianco. Sfilano gemendo fra i canneti dei fossati oggi ricolmi di acque stagnanti e immondezze indicibili.

«Terra Educativa». Un patrimonio d’arte e cultura che, se adeguatamente conservato e valorizzato, la pianura incomincerebbe a trasformare in strumento di «democrazia sostanziale». Allora sì che la gente del posto potrebbe accompagnare i potenziali turisti indicando loro la cifra di beltà di questa terra, offrendo le capacità d’accoglienza e socialità apprese e messe in atto. Solo così questa plaga potrà assumere il ruolo di «Terra Educativa» che le compete, imboccando la strada che conduce alla Cultura uguale a Cittadinanza. È da questa educazione, diremo da questa conversazione che la Bassa bresciana dovrebbe ripartire, mettendo in campo il patrimonio che vanta tra i suoi principi fondanti. Anzi, tra le forze generative del futuro che verrà.

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