Guido Tonelli: «Siamo fragili come il Sole ed è un bene per l’umanità»

Uno dei «padri» del bosone di Higgs ospite all’Università degli Studi di Brescia: «Ecco come la scienza cambia continuamente e radicalmente le nostre vite»
Guido Tonelli
Guido Tonelli
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Nel mare della contemporaneità spesso facciamo caso solo alle onde, che siano preoccupazioni quotidiane o complesse dinamiche internazionali. L’oggi assorbe l’umanità e non le permette di vedere la corrente che sotto la superficie fluisce.

Si tratta della scienza, «un’attività strettamente legata alle nostre vite. E che le cambia continuamente e radicalmente». A dirlo è Guido Tonelli, fisico al Cern di Ginevra, docente all’Università di Pisa, nonché uno dei «padri» del bosone di Higgs, la particella subatomica teorizzata dal fisico Peter Higgs nel 1964 e confermata sperimentalmente nel 2012 al Cern. Proprio qui, nel Large Hadron Collider e grazie all’esperimento Compact Muon Solenoid al quale Tonelli ha partecipato e del quale è stato portavoce, è stato rilevato per la prima volta il bosone, fondamentale per conferire massa alle particelle elementari all’interno del campo di Higgs e quindi confermare il Modello standard della fisica e la lettura scientifica dell’Universo.

Negli ultimi anni Tonelli ha però deciso di prendere anche un’altra strada, un percorso che dai laboratori e dalle aule di ateneo lo ha portato a confrontarsi con il grande pubblico nelle vesti di divulgatore scientifico. Ciò che avverrà anche oggi (mercoledì 11 dicembre) alle 17 nell’aula magna dell’Università di Brescia, durante l’incontro «Come la scienza di oggi sta modificando la nostra concezione del mondo» organizzato dalla Blaumann Foundation.

Partiamo dal tema dell’incontro. Come la scienza sta cambiando le nostre esistenze?

Si pensi che fino a 40 anni fa non sapevamo di vivere in un Universo composto da centinaia di miliardi di galassie. Eravamo consci della nostra finitezza, esseri piccoli in una vastità, ma non così insignificanti. Tale novità, che farebbe stupire anche Einstein o Heisenberg, avrà dei risvolti enormi nel modo in cui le persone si rapporteranno ai fatti del mondo.

In che senso?

In questo Universo incredibilmente grande vediamo un mondo che non avevamo mai immaginato. Questo ci potrebbe portare ad abbandonare ogni forma di arroganza, modificando il modo di rapportarci coi nostri simili consci della fragilità nostra e del pianeta. Ma anche consapevoli della meraviglia degli equilibri che lo reggono e della facilità con cui questi potrebbero dissolversi a causa di un evento cosmico. In sintesi un giorno la piena consapevolezza potrebbe portare gli umani ad affrontare i conflitti con metodi diversi.

È però vero anche il contrario, con gli uomini che potrebbero reagire in modo negativo.

Questa è la libertà dell’umanità, che in un coltello può vedere uno strumento per tagliare il pane così come un’arma per uccidere. La conoscenza ci può unire, ma può anche essere la base di un istinto predatorio portato all’eccesso.

Una tendenza che si ravvede nel mondo contemporaneo.

Ho conosciuto personaggi come Elon Musk, Bill Gates e Mark Zuckerberg e ho grande stima della loro genialità. Sono però meno condivisibili sul piano filosofico proprio perché il loro essere futuristici nelle tecnologie va di pari passo con l’incapacità di scorgerne i reali impatti nella vita delle persone. Si inseriscono in questo contesto quelle visioni messianiche di immortalità, reale o virtuale, che sempre più spesso vengono espresse.

La scienza come Dio è però un’idea che si è sgretolata. Ora si stanno facendo strada atteggiamenti diametralmente opposti, antiscientifici.

Capisco come le persone possano avere paura e diffidenza verso la scienza, anche quando questi timori prendono forme più estreme e ridicole quali il terrapiattismo o la contrarietà ai vaccini. Capisco da dove nascono perché viviamo un’epoca in cui il potere della scienza è enorme ed entra in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Compito degli scienziati, e leggasi in quest’ottica anche la mia scelta di fare il divulgatore, è quello di far percepire la ricerca non come il risultato di un gioco di prestigio a un bambino né tanto meno come un Moloch inarrivabile. Con umiltà dobbiamo avvicinare le persone a ciò che facciamo.

Compito non semplice.

Vero, però gli uomini e le donne sono più disponibili e capaci di comprendere di quanto si pensi. È un po’ come nella musica: non serve essere dei compositori sopraffini per apprezzare la grandezza di Verdi. Bastano un po’ di allenamento, esercizio e pazienza. E una volta apprese le basi si può gioire della sua bellezza. In questo un grande ruolo lo gioca anche la scuola e la sua capacità di far crescere uno spirito critico capace di investigare le zone d’ombra dove la menzogna e la verità si incrociano.

Un’ultima domanda. Quale crede possa essere la scoperta che più modificherà la vita delle persone?

Penso che proprio il bosone di Higgs sia una di quelle scoperte destinate a restare e la cui l’importanza si scoprirà col tempo. Si è infatti chiusa una discussione iniziata 2.500 anni fa in Grecia, la discussione su cosa è la massa, sia essa quella di un bicchiere, di un edificio, della Terra o di una galassia. La massa non è una proprietà intrinseca ma nasce da un’interazione, da una relazione col campo di Higgs. In poche parole c’è un meccanismo che produce tutto, anche il fatto che come masse siamo qui a chiacchierare. Senza il bosone di Higgs ci sarebbe solo materia ma non in forma persistente e organizzata. E si pensi che questo meccanismo potrebbe anche rompersi. Abbiamo quindi scoperto l’intima fragilità dell’universo materiale, che supera la vecchia distinzione tra mondo immutabile dell’esterno e la nostra caducità. Anche le strutture materiali più grandi sono intimamente percorse dalla nostra debolezza. Come a dire che tutti e tutte siamo fratelli e sorelle del Sole o di un asteroide, in un intrinseco rapporto di equilibri e fragilità.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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