Giornata della Terra, ecco «I làder de èrba» di Luca Rabotti

Un mare di pecore, che si muovono come onde fino a riempire lo schermo. È un colpo d’occhio mozzafiato, catturato dalle inquadrature de «I làder de èrba», il nuovo documentario di Luca Rabotti. Il giovane regista bresciano, dopo essersi confrontato con il bianco e nero introspettivo dell’apprezzato lungometraggio d’esordio «Squilibrio», questa volta si misura con i colori avvolgenti degli spazi naturali incontaminati (valorizzati dalla fotografia curata da Gaia Panigalli) e osserva con vibrante stupore la tradizione della transumanza. A guidare il flusso di oltre un migliaio di ovini sono solo pochi pastori, alcuni già temprati dall’esperienza, altri giovanissimi affascinati da un mondo che stanno iniziando a scoprire.
Dai loro preziosi racconti confidenziali emerge una quotidianità sospesa nel tempo e per questo preziosa da salvaguardare. «Qualcuno sceglie l’oceano, noi le montagne», afferma con orgoglio il saggio Gianni, il pastore più anziano. Non si riferisce tanto alla fascinazione estetica ed evocativa degli animali in movimento, piuttosto allude alla tenacia richiesta per guidare un gregge confrontandosi con la natura. Infatti precisa: «La vita di montagna è come quella dell’oceano». Pur diversi, sono ambienti che allo stesso modo attirano e mettono alla prova l’essere umano. Una sfida che il regista e la sua piccola troupe hanno saputo cogliere, restituendo nel film la consapevolezza che serve coraggio, nel ventunesimo secolo, per mettersi in cammino e scegliere un lavoro antico come la pastorizia.

«Qui ci vuole volontà!», afferma Gianni in vetta, alludendo alla tenacia di andare controtendenza rispetto alla società, che dipinge un’idea di benessere basata sul consumismo. Oggi, in occasione della Giornata della Terra, viene rilasciato il trailer del documentario - co-prodotto da AlbatrosFilm e con il sostegno di Coldiretti - che è pronto per il lancio nel circuito dei festival. Il regista Rabotti ci ha anticipato alcuni dettagli.
Luca, con le tue immagini hai restituito poesia a un mestiere millenario. Quale percorso ti ha condotto al tema della pastorizia?
Desideravo parlare di umanità e consapevolezza. Tanti insegnamenti dei pastori sono validi per qualsiasi altro lavoro. Di particolare, nella loro esperienza, c’è l’ascesa: un concetto che mi interessa anche a livello spirituale.
Nello specifico, come è nato il progetto di questo film?
Io e Gaia abbiamo conosciuto i pastori tramite Giovanni Merla, protagonista del nostro precedente documentario, che qui ha collaborato alla stesura del trattamento. D’inverno il gregge è stanziale, nella zona di Bagnolo Mella. D’estate salgono sui monti bergamaschi, in Val Seriana. Credo sia un viaggio tra province interessante da scoprire, anche nell’ottica della Capitale della Cultura.
La colonna sonora originale del compositore bresciano Sebastiano Orlandi è lieve e potente al contempo. Come siete arrivati a questa sintonia artistica?
Innanzitutto stando insieme sul set: ho invitato Sebastiano a vivere l’esperienza della transumanza durante le riprese, per immergerci tutti insieme nel progetto.
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