Cultura

Gilmour a Pompei, in sala il rock: dove vederlo a Brescia

La performance del chitarrista dei Pink Floyd in cinque sale bresciane
Magie a sei corde. David Gilmour sul palco con la sua fida Fender
Magie a sei corde. David Gilmour sul palco con la sua fida Fender
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Un evento spettacolare diventa film e arriva in sala, per soli tre giorni, come da consuetudine della Nexo Digital, che ama i passaggi trionfali da cinema esaurito. L’oggetto - «David Gilmour Live At Pompeii» di Gavin Elder - è di quelli che ammaliano: Gilmour lo scorso luglio è tornato a Pompei, dove 45 anni prima con i Pink Floyd aveva realizzato uno storico concerto filmato da Adrian Maben, a cui nessuno aveva potuto assistere direttamente.

La differenza, nove lustri dopo, non è da poco: sono assenti, è vero, i compagni di strada di Gilmour (Rogers Waters, Nick Mason, Richard Wright), ma d’altronde la band non esiste da tempo; contano più le presenze, invece, e questo è stato un live pulsante con il pubblico, non la registrazione di una performance, come avvenne nel 1971 in un anfiteatro deserto.

Per due sere consecutive del luglio 2016, nel sito archeologico è andato in scena uno show straordinario, dal quale è stata ricavata un’opera che approda agli schermi, anche nella nostra provincia: alla Oz di Brescia, allo Starplex di Cortefranca, al Garden di Darfo, all’Arcadia di Erbusco, alla King di Lonato.

Immaginifico. Elder sceglie la semplicità, ed è facile comprendere perché. Ha una location inimitabile all’ombra del Vesuvio, musica che è commento sonoro alla vita di varie generazioni, un interprete leggendario coadiuvato da una band d’eccezione: bastava valorizzare al meglio ciò che già c’era in scena. Che è poi quanto fa (bene) il regista: tecnologia 4K a livello di immagini, Dolby Atmos a garantire un suono letteralmente avvolgente; montaggio combinato di due concerti con identica scaletta, ma ovvie differenze nella resa e varianti nel finale, che è sospeso nel primo show, gioiosamente esplosivo nel secondo.

C’è il backstage, ovviamente: ma il cuore è live, ed è bello così, perché qui contano musica e ambientazione. Gilmour attinge dal repertorio solistico recente, ma anche dal patrimonio dei Pink Floyd, utilizzando il brano «One Of These Days» quale ideale (ed unico) collegamento tra il live del 1971 e quello del 2016. Che sia stata un’esperienza indimenticabile lo dice il musicista britannico («Travolgente: Pompei è un posto magico, di fantasmi») e lo conferma Adolfo Galli, organizzatore bresciano dell’evento insieme a Mimmo D’Alessandro: «Avevamo portato altre volte Gilmour in Italia, così come abbiamo fatto e faremo ancora (in aprile 2018, ndr) con Roger Waters. Puntavamo a qualcosa di memorabile; nonostante la fatica dell’allestimento, amplificata dalla delicatezza del luogo, siamo soddisfatti dei risultati artistici e dall’apprezzamento di David: è stato un grande spettacolo».

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