Cultura

Gad Lerner: «Coltiviamo ancora un pensiero critico»

Il giornalista ospite alla MicroEditoria di Chiari: «Continuo a esprimerlo, sperando che possa crescerne uno anche nel mondo arabo»
  • Gad Lerner alla Microeditoria di Chiari domenica 5 novembre
    Gad Lerner alla Microeditoria di Chiari domenica 5 novembre
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L’incontro con Gad Lerner in un tendone stracolmo di pubblico ha chiuso nel migliore dei modi un’edizione da record della Rassegna della MicroEditoria di Chiari, che ha visto 13mila persone passare dagli stand agli incontri negli spazi di villa Morando. Lerner ha dialogato con Alex Corlazzoli, concentrandosi inevitabilmente sull’attualità: il terribile massacro di inermi compiuto da Hamas il 7 ottobre e la risposta militare di Israele che sta facendo a Gaza anche migliaia di vittime civili.

Nato a Beirut da una famiglia ebraica, critico verso la politica del premier israeliano Netanyahu, il giornalista non ha nascosto il suo «sentimento di lacerazione, di fronte a fatti peggiori di quanto avremmo potuto immaginare: il sangue sparso da Hamas, un crimine contro l’umanità, e il seguito che dura da un mese intero. Mi confronto con il mio senso di appartenenza: gran parte della nostra famiglia vive in Israele, il versante paterno vide i nonni partire da Leopoli; chi era rimasto in Europa li considerava dei matti, ma quelli che non partirono sono stati tutti massacrati».

«Negli scorsi anni – prosegue Lerner – ho avuto la gioia di vedere che in Israele si sviluppavano posizioni critiche in buona parte di quella società. Posizioni prima minoritarie, accusate a volte di tradimento, erano invece benefiche. Ma ora tutto è precipitato nella maniera più imprevista». Di fronte al massacro, anche Lerner ha sentito «il richiamo della foresta», la tentazione di far prevalere il senso di appartenenza: «Ma ho continuato a esprimere un pensiero critico, sperando che possa crescerne uno anche nel mondo arabo. Quando nelle manifestazioni sento urlare “Palestina libera dal fiume al mare”, dal Giordano al Mediterraneo, non lo posso accettare; ma continuare a esercitare una funzione critica mi sembra il modo migliore per aiutare chi sbaglia».

Lerner avverte: «Hamas non è l’Isis, ha un radicamento sociale e un sostegno in molti Paesi. E ha potuto rafforzarsi anche a causa dell’isolamento internazionale. Uomini del dialogo erano cresciuti anche da quella parte, ma tutto è stato spazzato via, anche per colpa nostra». In Israele, accusa, ha prevalso «la corrente di pensiero convinta da sempre che con gli arabi non si possa fare la pace. Man mano che si stipulavano accordi di pace con Paesi vicini e che Israele si rafforzava, prevaleva l’idea che si potesse nascondere la polvere sotto il tappeto, schiacciare i palestinesi in Cisgiordania e tenerli sigillati a Gaza. Ora, questa idea supponente è esplosa nella maniera più barbara».

Moni Ovadia ha definito Netanyahu «criminale». «Io – precisa Lerner – uso toni diversi. Alexander Langer, che per primo mi spedì da giornalista nei territori occupati, ci insegnava che devi essere traditore della tua comunità, ma mai transfugo. Mai uscire sbattendo la porta: devo continuare a litigare con loro parlando la stessa lingua». 

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