Cultura

Fra confessioni e roghi: in un libro storia e storie di streghe bresciane

Ripubblicato lo studio di Maurizio Bernardelli Curuz: presentazione sabato 28 ottobre alle 17 alla Pieve della Mitria di Nave
La copertina del libro
La copertina del libro
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Una strega più che provetta. Capace di malefici, fatture d’amore e incantesimi, di scatenare tempeste e guarire i malati con intrugli sospetti. Dedita ai sabba convocati al Tonale, per «foter e balar» con il diavolo. Istigata da Zulian, il demonio che da tredici anni si nascondeva nella sua gamba per condurla e insegnarle il mestiere.

Benvegnuda Pincinella, recidiva, sperava di salvarsi ancora confessando i suoi delitti, abiurando il paganesimo, l’eresia e tornando fra le braccia di santa Romana Chiesa. Invece, in quel luglio 1518, fu condotta in piazza Loggia, sotto la colonna di San Marco per essere bruciata. Dove adesso svetta la statua della Bella Italia.

Altri, come lei, subirono la stessa sorte tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI. Streghe e stregoni, laici e sacerdoti eretici condannati dagli inquisitori domenicani dopo la confessione, solitamente estorta con la tortura o la promessa della libertà. A Brescia, ma soprattutto in Valcamonica, dove venne accesa almeno un’ottantina di roghi. Valle di confine con il nord intaccato dalla Riforma protestante, gelosa della sua autonomia, con fama di terra del diavolo intrisa di paganesimo, la Valcamonica fu l’epicentro della caccia alle streghe.

Nel Bresciano

Ben cinquemila gli inquisiti, un settimo dell’intera popolazione. Denunce e delazioni era all’ordine del giorno. Il Tonale era considerato il luogo per eccellenza dei misfatti nel Bresciano; teatro di feste sacrileghe (con migliaia di persone, si diceva) alla presenza del demonio. E pazienza se gli accusati abitavano a distanze impossibili: ci arrivano in volo, magari portati dal maligno.

Storia e storie di streghe, eretici e inquisitori. Di contrasti fra l’autorità religiosa e quella laica, fra i domenicani e la Serenissima repubblica di Venezia, laica e tollerante. Fen edizioni ha ripubblicato «Streghe bresciane. Confessioni, persecuzioni e roghi fra il XV e il XVI secolo», (195 pagine, 18 euro) del giornalista Maurizio Bernardelli Curuz, uscito nel 1988. Non una semplice ristampa. Il volume è arricchito dalle annotazioni e da una corposa postfazione di Glauco Giuliano, uno studioso che entra in profondità nella materia. Accanto ai fatti e alla cronaca, il volume offre chiavi di lettura e interpretazioni su quanto accadde in quei secoli. Le ragioni dell’Inquisizione, la mentalità e le credenze diffuse, la psicologia di massa, l’atteggiamento degli accusati che spesso confessavano spontaneamente i delitti (immaginari). Il fenomeno è inserito nella sua epoca storica, politica, religiosa, culturale.

Il Medioevo, con le sue incrollabili certezze, era finito. La Chiesa in declino, i conflitti sociali, il contrasto fra città e campagna, la Riforma luterana: tutto ciò creava insicurezza, instabilità, frammentazione. La caccia alle streghe si innestava in questo contesto. La prima vittima fu una certa Maria la Medica di Calcinato (guaritrice era sinonimo di strega) nel 1480, l’ultima Cornelia Quintiliana nel 1593, a Salò: entrambe evitarono il rogo, ma non la prigione a vita.

Il bel libro di Maurizio Bernardelli Curuz sarà presentato sabato 28 alle 17 alla Pieve della Mitria di Nave (il paese di Benvegnuda). Presenti Pietro Freggio (l’editore, titolare della libreria La Fenice di Brescia), Annalisa Voltolini, Maria Teresa Mutalipassi, Isacco Zanola, Glauco Giuliano, Paola De Cesari.

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