«Focolai di vera miseria» ma le valli agganciarono la crescita

Mercoledì prossimo, 22 dicembre, verrà presentato a Palazzo Loggia «Brescia negli anni della ripartenza. 1945-1963», un volume di Roberto Chiarini ed Elena Pala (La Compagnia della Stampa, 30 euro). L’appuntamento è nel salone Vanvitelliano, alle 18 (per info, www.litaliariparte1945-1963.it). Con gli autori interverranno il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, e il presidente del Gruppo Fotografico Bagnolese, Ivan Giuliani. Moderatore Ugo Calzoni. L’opera dei due storici bresciani, curata graficamente da Filippo La Duca, è arricchita da fotografie di Fausto Schena e Alighiero Riccardi. Pubblichiamo una sintesi della parte introduttiva.
Negli anni della ricostruzione, cui seguirà l’avvio del miracolo economico, l’intero territorio nazionale ripropone i caratteri storici della sua morfologia, caratteri aggravati dall’impatto devastante della guerra. È ancora operante la frattura tra centro e periferia, tra città e provincia. I dati attestano, oltre ad una divisione tra Nord e Sud, anche una forte sofferenza sociale. Nel Bresciano è soprattutto nelle valli che si vive un lungo dopoguerra, contraddistinto da un livello di vita modesto e da scarse speranze di cambiamento.
Questa fase è idealmente fotografata da due inchieste sulla miseria in Italia svolte nel 1952 e nel 1955. La prima indagine di respiro nazionale è realizzata dalla Commissione di inchiesta parlamentare coordinata da Ezio Vigorelli (presidente) e dal bresciano Lodovico Montini (vicepresidente).

La delegazione parlamentare arriva nelle valli bresciane tra il 5 e il 7 novembre 1952. Prende contatto con sindaci, ufficiali sanitari, maestri... per farsi un quadro il più possibile completo degli aspetti caratteristici della miseria nel luogo visitato e nelle zone limitrofe. Si incaricano i sindaci di guidare i ricercatori verso i nuclei familiari più disagiati dal punto di vista economico nonché da quello delle loro condizioni abitative.
Tre anni dopo, viene condotta una seconda indagine a campione nelle valli bresciane e il quadro socio-economico risulta pressoché invariato. È la primavera del 1955 quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) predispone un’indagine internazionale sulle condizioni economico-sociali delle popolazioni alpine. L’indagine è condotta contemporaneamente in tutti i sei Stati dell’arco alpino (Austria, ex Repubblica federale tedesca, Italia, Svizzera, Francia, ex Jugoslavia) con un’unità di indirizzo e di metodo.
Nel Bresciano la regia burocratica è affidata alla Camera di Commercio cittadina. I Comuni coinvolti sono 15 in Val Camonica (Berzo Demo, Braone, Breno, Capo di Ponte, Cedegolo, Cerveno, Ceto, Cevo, Cimbergo, Losine, Niardo, Ono San Pietro, Paspardo, Saviore, Sellero), 7 in Val Sabbia (Idro, Lavenone, Mura, Pertica Alta, Pertica Bassa, Treviso Bresciano, Vestone) e uno in Val Trompia (Collio).
I temi scandagliati sono 23. Oltre agli aspetti più scontati di carattere economico e sanitario, si punta a conoscere il modello di vita, istituzioni ricreative e culturali comprese. Le valli bresciane non sarebbero di per sé «terreno di miseria e malattie», si rimarca sin dal 1952. Sono i «focolai di vera miseria» responsabili della drammatica situazione rilevata. La popolazione si è trovata stretta nelle borgate senza mezzi per far fronte all’aumento demografico e alla disoccupazione conseguente alla riconversione bellica del settore produttivo.

Le condizioni di vita sono descritte anche in questa parte della provincia alquanto «disagiate». Le case appaiono «vetuste», per lo più costituite da vecchi rustici «adattati da tempo memorabile ad abitazione delle famiglie coloniche, non molto dissimili dalle malghe di montagna, assolutamente sprovviste di ogni più elementare conforto igienico». Insufficienti sono gli acquedotti comunali. Inesistenti le fognature. È una situazione abitativa che va ad aggravare le condizioni sanitarie della popolazione colpita da «altissime percentuali di tubercolosi e di silicosi polmonare». Delle tre valli bresciane, quella che soffre meno la mancanza di lavoro è la Val Trompia.
La vicinanza alla città, le grandi linee di comunicazione che la attraversano, la secolare tradizione di abilità nella lavorazione del ferro, l’industriosità e l’intraprendenza della popolazione hanno favorito lo sviluppo di una serie di piccole imprese industriali e artigiane. I momenti corali. A riconciliare con una vita tanto gravata dai lutti, dalle distruzioni e dalle sofferenze della guerra restano solo i momenti corali vissuti dai valligiani la sera o, la domenica, nei teatri o nei cinema parrocchiali locali. Sarà la tenacia di queste popolazioni umili, ma orgogliose a impedire che la miseria diventi un destino ineluttabile.
Anche se con maggiori difficoltà, anche queste plaghe desolate della provincia riusciranno infatti a risalire la china e con gli anni Cinquanta sapranno agguantare il favorevole ciclo di crescita economica che le renderà floride aree del Bresciano.
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