Filosofia e magistratura: la giustizia tra legalità e moralità

Il filosofo e il magistrato, in dialogo per scandagliare uno dei temi più complessi di tutti i tempi: la giustizia. Il filosofo e teologo Vito Mancuso ed il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia, Guido Rispoli si confronteranno sul tema «La bellezza, la giustizia e Dio» – per il Festival LexGiornate-Verso nuovi futuri, diretto da Daniele Alberti – lunedì 22 settembre alle 21 al nuovo Palazzo di giustizia di Brescia (in caso di maltempo all’auditorium San Barnaba di corso Magenta).
Che cosa è giusto e cosa sbagliato, cosa è bene e cosa male, come armonizzare i princìpi che stanno alla base delle leggi umane con i precetti religiosi per chi è credente… Tematiche affascinanti, che toccano e interpellano nel profondo ciascuno di noi. Ne parliamo con i due relatori, in questa intervista «a due voci».
Professor Mancuso, cominciamo ad inquadrare il significato di «giustizia»...
Il concetto di giustizia ha un valore giuridico, che equivale a legalità ed un valore etico superiore, che si accosta alla moralità. Ha anche un’accezione che ha a che fare con il rapporto di un essere umano con i suoi simili, con se stesso e con la propria coscienza: qualcosa che innerva la società, concerne l’armonia nelle relazioni. Il Nuovo Testamento parla del «logos», riprendendolo dagli stoici che a loro volta si richiamano ad Eraclito di Efeso: una logica immanente al mondo, la quale fa sì che esistano le cose, i fenomeni e non il caos.
Giustizia ed etica non sempre concordano…
Se stiamo nella legalità, dobbiamo ritenere giusto ciò che è legale. Ma nel 1938 venivano introdotte in Italia le leggi razziali ed era legale; noi però sappiamo, sentiamo che non è giusto, ciò vuol dire che non sempre c’è un nesso immediato etica-giustizia e la seconda in quanto legalità può confliggere con l’etica. Dipende dal concetto di giustizia che mettiamo in campo: ci possono essere leggi eticamente corrette, altre indifendibili tuttavia legali perché lo Stato le impone con la forza del diritto. Tra spada e bilancia a volte c’è corrispondenza, a volte no.
Qual è dunque il parametro per comprendere cosa è giusto e cosa non lo è?
Vi è un terzo significato di giustizia, intesa come proporzione ed equilibrio, che ci fa cogliere se sediamo al cospetto di una legge giusta oppure no. La regola d’oro della morale insegna che non devi fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te: quando la applichiamo in una determinata situazione, che di per sé è legale, capiamo se è anche giusta.
L’imperativo categorico di Kant...
Certo. Prendiamo ciò che Israele sta facendo a Gaza: sotto il profilo del diritto israeliano penso sia legale; secondo il diritto internazionale, ho qualche dubbio. Dal punto di vista etico, della coscienza... beh, molti israeliani, da Liliana Segre a David Grossman sono concordi che ci troviamo di fronte ad atti criminali. Nessuno di noi vorrebbe trovarsi in coda per avere l’acqua mentre ti sparano addosso.
Veniamo a lei, dottor Rispoli: il magistrato interrogherà per così dire il filosofo sulla natura della giustizia. Quali saranno i temi?
Più che il filosofo, direi il teologo. Cercherò di incalzarlo sui grandi temi della giustizia divina, traendo spunto anche dalla giustizia umana nella quale opero da quasi quarant’anni.
Due approcci diversi, quello giuridico-normativo e quello etico-filosofico. Ritiene possano esservi punti di incontro?
La giustizia umana è strettamente connessa alle leggi che è chiamata ad applicare. I valori di riferimento delle leggi si riflettono quindi sulla qualità della giustizia umana. La nostra Costituzione, per esempio, è permeata da una «saggezza solidale» che la rende tuttora attualissima. Chi ha di più sostiene chi ha di meno. Si pensi al settore della sanità e all’articolo 32 della Costituzione che prevede espressamente che la Repubblica «garantisce cure gratuite agli indigenti». La giustizia divina è invece ancorata ai precetti delle singole religioni, che in quanto molto datati, hanno sempre più bisogno di una interpretazione che li renda compatibili con i tempi moderni.
A che punto siamo oggi secondo lei, nel nostro Paese, in un ideale cammino verso un concetto di «giustizia giusta»?
La giustizia dipende, come detto - soprattutto in uno Stato di diritto come il nostro -, dalle leggi che devono essere applicate. Le leggi le fa il Parlamento, composto come noto dai nostri rappresentanti individuati attraverso libere elezioni. Sta a noi individuare ed eleggere i migliori rappresentanti possibili, con riguardo ai nostri valori di riferimento.
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