Cultura

«Ernaux, la donna che reinventa il genere dell'autobiografia»

Sara Durantini nel suo saggio racconta l’autrice francese Premio Nobel 2022
L’incontro: Sara Durantini con il Premio Nobel 2022 Annie Ernaux - © www.giornaledibrescia.it
L’incontro: Sara Durantini con il Premio Nobel 2022 Annie Ernaux - © www.giornaledibrescia.it
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«Con i suoi libri Annie Ernaux ha creato e continua tuttora a creare una grande opera letteraria collettiva attraverso una narrazione che supera il tempo e lo spazio, con una scrittura salvifica, condivisibile nelle sensazioni e nelle emozioni. Con l’assegnazione del Nobel per la Letteratura ad Annie Ernaux hanno vinto tutte le donne. Lei ha avuto il merito di creare un alfabeto letterario (al pari di Colette) reinventando il genere autobiografico e dando voce al sentire femminile in un modo totalmente inedito».

La critica e narratrice Sara Durantini, autrice di un libro-intervista con la scrittrice Premio Nobel 2022, parlando del suo idolo si commuove. La sua passione per la Ernaux iniziata sui banchi universitari, è proseguita dopo una lunga serie di email (che continua tuttora) ed è culminata con l’incontro avvenuto nell’ottobre dello scorso anno nella sua casa-rifugio nella cittadina di Cergy, nella regione dell’Ile-de-France.

L’incontro, racconta la trentottenne mantovana Sara Durantini (vincitrice dell’edizione 2005-2006 per la sezione inediti del Premio Tondelli e autrice di «Nel nome del padre» e nel 2021 de «L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux»), «è stato favorito da un mio precedente scambio di e-mail con la professoressa e saggista Michèle Bacholle, cui scrissi dopo aver letto il suo lavoro sulla scrittura di Ernaux. Le dissi che avevo già fatto un lavoro saggistico su Ernaux ponendola in rapporto ad altre due immense scrittrici francesi (Colette e Marguerite Duras). Lei lo volle leggere e a mia insaputa ne parlò con Ernaux la quale, a quel punto, chiese a Bacholle di metterci in contatto tramite mail. Presi coraggio e le scrissi.

Indimenticabile la sua risposta: "Ho letto il suo background e tutto ciò che riguarda la sua scrittura, il suo lavoro personale e critico. Sono molto interessata al suo approccio non tradizionale con le autrici. Come immagina la nostra intervista e quando?". Era il 15 ottobre. Circa tre settimane dopo, mi trovavo seduta nel salotto di casa sua con vista sul fiume Oise».

Quell’incontro è alla base del libro critico-biografico-intervista «Annie Ernaux - Ritratto di una vita» (Edizioni dei Merangoli, 154 pp., 18 euro), in cui la scrittrice racconta a cuore aperto la sua vita: «Dall’infanzia a Lillebonne in Normandia, all’adolescenza, dagli studi alla coscienza di sé, al matrimonio, dalla nascita dei figli al divorzio, al tumore, al suo nuovo amore e, ovviamente, l’aborto, un tema sviscerato da Annie Ernaux, che ha ispirato il film "L’Événement", vincitore del Leone D’Oro a Venezia lo scorso anno».

Che cosa principalmente l’ha indotta alla scrittura e come ne ha sviluppato le tante anime che racchiudono il suo "io"? C’è un momento della sua giovinezza che riguarda la sua permanenza a Londra prima di iniziare i corsi universitari a Rouen. Esce da una situazione moralmente provante: anoressia e bulimia, la violenza fisica con un ragazzo più grande alla colonia l’anno precedente: sono tutti episodi che hanno messo a dura prova la sua persona e l’hanno portata a riflettere sul ruolo della donna. In questo periodo scopre Simone de Beauvoir e riporta estratti de «Il secondo sesso» nel suo diario personale. A Londra accade però qualcosa: per la prima volta sente il bisogno di scrivere quanto le è accaduto, espellere gli eventi subiti trasformandoli in altro da sé. È qui che inizia a prendere forma la convinzione che maturerà dentro di lei anni dopo e che scriverà in esergo al libro «L’evento»: che l’evento diventi scritto che lo scritto diventi evento. Sono parole di Michel Leiris che Ernaux farà sue e che ritorneranno anche in libri successivi e con ancora più consapevolezza come nel più recente «Le jeunne homme» (a breve è prevista l’uscita della traduzione italiana per L’Orma editore): «Se non le scrivo, le cose non sono finite, sono state semplicemente vissute».

Le tante anime che racchiudono il suo io convergono proprio in questo bisogno necessario, urgente di scrivere la vita e dare alla vita un senso attraverso la parola scritta. I suoi romanzi hanno tutti un’anima autobiografica? Direi che ogni libro di Annie Ernaux è una fotografia di una parte della sua vita e al tempo stesso del contesto storico, sociale e politico nel quale si colloca la sua esistenza al momento della stesura. Lei stessa, già una ventina di anni fa, parlava della sua scrittura come di un’esplorazione della realtà esteriore e interiore, intima e sociale all’interno di un movimento che si colloca ai confini della fiction. È proprio questo tipo di scrittura che è stata poi definita da Pierre-Louis Fort (curatore del volume dedicato a Ernaux e pubblicato da Éditions de L’Herne) auto-socio-biografia.

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