Cultura

Bignardi: «Sovraffollato e senza risorse, così il carcere non funziona»

Nicola Rocchi
La giornalista affronta il tema di grande attualità nel libro-testimonianza «Ogni prigione è un’isola»
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Ogni prigione è un'isola
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La prima persona a cui Daria Bignardi ha sentito dire che «il carcere è inutile» è stato Luigi Pagano, direttore di penitenziario per 40 anni. «Più incontravo addetti ai lavori, più sentivo questa frase. Ti rendi conto che così com’è, crudele, sovraffollato e senza risorse, il carcere non può funzionare». Anche per questo ha scritto «Ogni prigione è un’isola» (Mondadori, 168 pp., 18,50 euro) che ha presentato ieri ospite di Librixia, la Fiera del libro promossa dal circolo ANCoS di Confartigianato Brescia e Lombardia Orientale con il Comune di Brescia.

Dialogando con l’avvocato Andrea Cavaliere, in una città che - lo ha ricordato il presidente del Consiglio comunale, Roberto Rossini - è attraversata dal dibattito sulle condizioni invivibili del carcere di Canton Mombello, la giornalista ha spiegato: «Ho cercato di raccontare il carcere nel modo meno scontato possibile, con un tono sia accattivante che profondo e intimo. Volevo parlarne a chi non ci è mai entrato, non ci ha mai pensato e nutre magari paura e insofferenza pensando a questa realtà».

  • Librixia: l'incontro con Daria Bignardi
    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Librixia: l'incontro con Daria Bignardi
    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Librixia: l'incontro con Daria Bignardi
    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
  • Librixia: l'incontro con Daria Bignardi
    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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    Librixia: l'incontro con Daria Bignardi - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it

Tra le mura

Una realtà che lei conosce bene: frequenta le prigioni italiane da 30 anni, organizzando attività per i detenuti. «Da giovane ho avuto una lunga corrispondenza con un condannato a morte americano. Finché mi ha scritto l’ultima lettera, dicendo che l’esecuzione era stata fissata, e questo mi ha molto turbato. Alla prima occasione sono entrata in carcere, facendo di tutto e cercando soprattutto di coinvolgere le persone nelle mie attività. Chi comincia a interessarsi di questo tema, difficilmente riesce a rimuoverlo: scatta un clic tra cervello e cuore e capisci che questa realtà ti riguarda».

Perché il carcere non è un’isola: «È un distillato di tutti i problemi della società, che sono concentrati lì dentro. Sei continuamente a contatto con le poche cose che contano veramente».

Il libro

Dalle esperienze vissute è nato un libro che unisce ricerca giornalistica e autobiografia. «Ho scoperto Linosa, un’isola tra Sicilia e Africa, scomoda da raggiungere. Sono andata lì a scrivere, per immedesimarmi il più possibile in quella situazione di isolamento che non è così facile e attraente come sembra».

Nel libro rievoca episodi drammatici, come la rivolta dei carcerati di San Vittore del 9 marzo 2020, con l’Italia appena chiusa per virus. Lei abita vicino al penitenziario: «Ho sentito urla, ho visto il fumo che usciva, alcuni sul tetto. A un collega che girava un video ho detto: abbiamo paura noi, pensate a quelli lì dentro. Ho detto che bisogna pensare a quello che tutti suggeriscono di fare per svuotare le carceri: amnistia, indulto, soluzioni alternative alla detenzione. Per questo ho ricevuto molti insulti, ma capisco quelli che pensano alle vittime, anche se lì sono rinchiuse persone che vengono da situazioni di grande fragilità sociale e hanno ben pochi strumenti a disposizione».

Sul disegno di legge Sicurezza, da poco approvato alla Camera, il giudizio critico tocca molti punti. Tra essi l’articolo che elimina l’obbligo di rinviare l’esecuzione della pena per le detenute incinte o per le madri fino ai tre anni di vita dei figli. «Hanno riaperto la porta del carcere ai bambini, una cosa che proprio non si può vedere. La situazione delle donne è già la peggiore: sono poche e sono quelle per le quali si investe di meno per rendere questi luoghi infernali un po’ più sopportabili. In più c’è una componente psicologica che mi ha spiegato una detenuta albanese nel carcere di Tirana: gli uomini, ha detto, spesso hanno fuori una donna che si prende cura di loro; noi invece veniamo abbandonate».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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