Cultura

Nel Ridotto senza musica: la danza nuda di Annamaria Ajmone

La coreografa sarà al Teatro Grande di Brescia con «Senza titolo», creazione site-specific e simultanea che coinvolge anche il pubblico
La performance al Museo di Castelvecchio - Foto Skyline Images
La performance al Museo di Castelvecchio - Foto Skyline Images
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Il 9 e 10 ottobre il Ridotto del Teatro Grande di Brescia ospiterà «Senza titolo», performance che cambia forma a ogni rappresentazione (info su www.teatrogrande.it, biglietti a 18 euro disponibili sul sito e in biglietteria).

La danza di Annamaria Ajmone – già vista in passato negli spazi di corso Zanardelli – prende vita in un’interazione spontanea tra lo spazio, il pubblico e i movimenti, senza coreografie predefinite né accompagnamenti musicali. Gli spettatori diventano parte integrante dello spettacolo, con la libertà di muoversi, distrarsi o interagire, influenzando l’evolversi della scena. Abbiamo intervistato Ajmone.

Oltre che coreografa, ha una laurea in Lettere. Quanto conta nel suo processo creativo?

Il percorso è in Lettere, ma con una specializzazione in storia dell’arte: il mio approccio alla scrittura, che passa anche dalla ricerca di fonti, si lega certamente alla mia formazione. Tendenzialmente parto dai testi, con una parte di ricerca bibliografica. Tutto ciò che mi ha formato esce quindi nella modalità di approccio al lavoro, più che nei contenuti. Negli ultimi anni mi sto anche dedicando all’insegnamento. Ho un laboratorio all’interno della facoltà di Beni culturali in Statale a Milano (la vecchia magistrale in storia dell’arte contemporanea). È dedicato alla performance in connessione con le arti visive. Mescolo teoria e pratica. Trovare nuove metodologie pedagogiche è mia fissazione.

Cos’è «Senza titolo», la performance che proporrà stavolta?

Si lega alla costruzione simultanea del lavoro coreografico, che è tutto di improvvisazione. Scrivo lo spettacolo nel momento esatto in cui lo sto facendo. Il focus è la relazione tra le architetture e il corpo, e quello che faccio prima di andare in scena è studiare lo spazio cercando di immaginare quali siano le inquadrature e come vorrei spostare lo sguardo del pubblico, che è libero di muoversi all’interno dello spazio. Tendenzialmente, a seconda di come è fatto il luogo, l’interazione cambia. Quando la pianta è regolare le persone tendono a mettersi ai bordi e sul perimetro. Può diventare complesso spostarle, ma il gioco è proprio quello di portare il loro sguardo dove voglio io. Il lavoro si costruisce in base a come agisce il pubblico. Tutto è fatto con il movimento.

La performance al Museo di Castelvecchio - Foto Skyline Images
La performance al Museo di Castelvecchio - Foto Skyline Images

Il Ridotto del Teatro Grande è uno spazio molto suggestivo. Come si muoverà la gente secondo lei?

Il mio compito è portare a vedere dettagli che con lo sguardo fisso non vedrebbero. Il Ridotto è uno spazio difficile: oggi sono per esempio al Museo Sant’Orsola a Firenze. Ci sono tante colonne ed è più ampio, sarà più semplice.

Anche gli abiti hanno un valore in questa performance: cos’ha creato Fabio Quaranta?

Gli abiti che indosso sono immaginati in relazione allo spazio. Il tessuto, il colore, il taglio… Ogni cosa che indosso è sempre diversa a ogni performance, perché l’aspetto cromatico cambia le cose. Qualsiasi cosa indossiamo, nella vita, ci dà un’attitudine diversa. Certi materiali più duri fanno rumore, per esempio.

La performance in Triennale - Foto Lorenza Daverio
La performance in Triennale - Foto Lorenza Daverio

A questo proposito, non c’è musica…

Sì, e anche la luce è solo quella ambientale. Voglio attraversare gli spazi senza modificarli dal punto di vista scenotecnico. Sono così come sono. Io do vita a fantasmi che poi spariscono. Mi piace che sia solo la danza la protagonista, e non tutto il resto. La musica e le luci creano un’atmosfera. Io cerco lo stato Zero. Non c’è niente in cui nascondersi: non è semplice. E anche il pubblico ne fa parte: siamo tutti parte dell’opera.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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