Dalla carta al tablet: l’evoluzione digitale apre nuove strade ai pro dei fumetti

Dai più lontani ricordi di Dylan Dog e Tex, è capitato a tutti almeno una volta nella vita di sentire parlare – volontariamente o meno – di fumetti. Settore che negli anni, nonostante i cambi nelle modalità di realizzazione e diffusione, ha conosciuto un forte incremento. Come dimostrano i dati relativi alla spesa in fumetti, che dal 2019 al 2023 è passata in Italia dai 26,2 milioni ai 75,7 milioni di euro. Numeri che risentono però della netta influenza dei manga, i libretti giapponesi che nell’ultimo decennio hanno ottenuto grande popolarità anche in Occidente.
In realtà, stiamo parlando di un universo che, se visto in ogni sua sfaccettatura, rivela sfumature ben più ampie di quel che si possa pensare, anche dal punto di vista lavorativo e professionale. Dai fumettisti si passa infatti ai creatori di graphic novel o ai progettisti dei videogiochi, fino ai tatuatori e a chi si occupa della sceneggiatura o del disegno di film. Insomma, un mare di opportunità in continua crescita anche grazie all’avvento di internet, che richiede però spirito di adattamento e consapevolezza dei propri mezzi. Spazio in cui nuotano anche molti professionisti bresciani come Alessandro Vairo, Marco Galli e Marcella Onzo, tutti e tre docenti della Scuola Internazionale di Comics di Brescia.

Alessandro Vairo è un visual designer bresciano, uno di quei professionisti che ha vissuto entrambe le «ere» del disegno, da quello tradizionale a quello moderno. «Rispetto al passato sono cambiati i mezzi. Il disegno tradizionale richiede tempi più lunghi, mentre la tecnologia ha accelerato tutto. In più il digitale va oramai a rispondere a determinate domande di mercato. Ma il tratto su carta non è da sminuire perché spesso le due tecniche lavorano assieme». E continua: «Io credo che si debba incentivare il “saper fare”, a prescindere dal mezzo. Poi, con l’esperienza, si può decidere qual è il proprio strumento preferito». Vairo si esprime anche sul tema dell’intelligenza artificiale: «Inevitabilmente entrerà nella vita degli artisti, ma il discorso è sempre lo stesso: potrà essere solo un mezzo con cui esprimere le proprie idee». E conclude: «Ai giovani dico che in questo lavoro la curiosità è fondamentale. Poi servono capacità di osservazione, di confronto e studio».
Nonostante il successo nelle vendite, fare di questa passione il proprio mestiere è quasi un privilegio nel nostro Paese. In Italia, i dati dicono che un professionista su tre ha almeno un altro lavoro, per ragioni sia economiche che culturali. Una problematica ben più radicata e seria di quanto sembri, che spesso porta gli illustratori a pubblicare anche in altre zone d’Europa. «In Francia il fumetto viene trattato seriamente. Così come gli autori, che vengono considerati al pari degli scrittori di libri. Ai giovani consiglio di andare all’estero: in primo luogo per l’esperienza, poi perché ci sono più opportunità lavorative e maggiori garanzie – spiega Marco Galli, autore bresciano dell’opera «L’araba (a oriente) fenice», presente nella collezione permanente degli Uffizi di Firenze sui fumettisti italiani –. Le case editrici più piccole lì vengono aiutate dallo Stato; qui se leggi un libro in treno vieni visto male. Per me c’è un problema prima di tutto culturale».

Da non sottovalutare c’è anche il contributo che l’arte, grazie al suo impatto visivo, può apportare a una contemporaneità dove circolano continuamente immagini. «Le illustrazioni su internet veicolano i pensieri, a maggior ragione in una realtà dove i mercati ci monitorano. Magari i fumetti non potranno cambiare il mondo, ma credo che il nostro lavoro possa avere una grande forza in questa era digitale – commenta Marcella Onzo, illustratrice e fumettista napoletana che vanta collaborazioni con Einaudi, Mondadori e Feltrinelli –. Nelle mie opere porto spesso anche il tema delle donne, un argomento che coinvolge molto i ragazzi. Io trovo che, anche grazie all’arte, si stia procedendo verso un cambiamento. E questo può essere uno degli obiettivi da perseguire da noi artisti».
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