Cultura

Cuore, tecnica e presagi di futuro nel viaggio tra le «Città invisibili»

Entusiastici applausi per l’evento straordinario che, prodotto dal Ctb, celebra Brescia Capitale
  • «Le città invisibili - Il futuro è un dovere» nell'Hanger nero
    «Le città invisibili - Il futuro è un dovere» nell'Hanger nero
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    «Le città invisibili - Il futuro è un dovere» nell'Hanger nero
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Accade qualcosa di straordinario, in via Zara 68, nell’Hangar nero, dove tre aerei osservano muti ogni sera un andirivieni di gente - 120 spettatori, 14 attori, una ventina di tecnici - che dà vita a un miracolo.

«Le città invisibili - Il futuro è un dovere» è il «viaggio» che il Centro Teatrale Bresciano propone per onorare Brescia-Bergamo Capitale della Cultura. E veramente evento degno di tale ricorrenza (oltre che preludio al 50° del Ctb) è questo evento creativo, ideato e diretto da Fausto Cabra. Spartiacque tra un prima e un dopo. Infatti, dopo un’esperienza così, che solo un teatro stabile (Tric) poteva produrre, la nostra città ci fa sognare molto a proposito del «dopo».

Vero che Cabra e il Ctb ci hanno già abituato ad eventi teatrali itineranti e articolati, ma ora il regista di origini ghedesi (anche talentuosissimo attore) si è superato e ci regala un prodotto complesso, quasi perfetto, fatto di cuore e tecnica, di ardimento e poesia: uno spettacolo dal respiro internazionale. Lo fa con la sua squadra collaudata, più alcuni innesti: Marco Archetti e Silvia Quarantini alla scrittura site specific, performers affiatati, tecnici che garantiscono suoni perfetti, luci importanti (Cesare Agoni), scenografie eleganti (Eleonora Rossi), insomma la bellezza del teatro al servizio del pensiero.

Questo spettacolo infatti è portatore di un pensiero: sulla forma di teatro adatta al nostro tempo e ai nostri linguaggi (l’antico per risvegliare una nuova umanità); sui contenuti. «Questo è uno spettacolo su cos’è la Cultura», dichiara Cabra nelle note di regia, e alla fine ha pienamente ragione.

Non si preoccupi il pubblico di discernere tra gli influssi di Italo Calvino (città immaginarie con nomi di donna, Marco Polo e Kublai Kan), della «Trilogia» della Kristof (gemelle simbiotiche, costrette a separarsi, ma sempre presenti una all’altra; a tale proposito, pieno di grazia l’apporto delle ginnaste bresciane Beltrami), o di Cechov («Il gabbiano», e altre atmosfere). La drammaturgia è infatti fortemente originale, scritta benissimo, di livello raro. Narra un’epopea familiare scandita da alcuni compleanni delle gemelle protagoniste, Irma ed Elvira, dal 1902 al 1961. E intorno i personaggi di famiglia, gli affetti, le peripezie di tutti.

La storia la si scoprirà man mano: dopo un atto unico comune in un teatrino familiare esposto alla brezza della sera, il pubblico viene diviso in due. Metà seguirà il destino di Irma, la gemella che parte («L’impero» si svolge nell’Hangar dove un Antonov An-2 apre le sue ali di circa 20 metri sulle teste del pubblico), o quello di Elvira, la sorella che resta a casa («Il palazzo»), altro teatrino all’aperto con scena girevole e vista sul magnifico verde del luogo, di enorme eleganza. Alla fine, tutti nell’Hangar per il finale.

Il viaggio

L’effetto della serata (inizio 21,30, fine a mezzanotte in punto) per il pubblico è un continuo movimento: emotivo, mentale, spazio-temporale. È chiamato - specie se assiste in due serate ai due percorsi - a ricucire storie, ad approfondire psicologie, a mettersi in movimento, dentro e fuori. Il viaggio di Irma - una straziata Mariangeles Torres - ha il ritmo del sogno/incubo, e resta in parte irrisolto, oscuro: un affondare nel buio, una strenua lotta, una sconfitta, una perdita di sé, forse un estremo ritrovarsi regressivo all’infanzia. Il viaggio di Elvira è un vertice artistico: drammaturgia perfetta, che trova in Manuela Mandracchia una grande, grande protagonista.

Giunte al culmine dell’umana disperazione, nell’atto finale le gemelle, per strade diverse, trovano il modo («Il futuro è un dovere») di affidare a un giovane le loro residue speranze in un mondo migliore.

Ottimi tutti gli interpreti: abbiamo di fronte il meglio del teatro italiano della generazione «di mezzo». Attimi di magia con Mimosa Campironi, autrice della bella drammaturgia sonora.

Lunghi applausi entusiastici alla fine. Info sulle repliche: www.centroteatralebresciano.it.  

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