Cristina Kristal Rizzo torna al Grande: danzerà con un performer sordo

Il «monumento» come traccia vivente nel suo dispiegarsi in materia corporea: il concetto coreografico di «Monumentum», lavoro della coreografa Cristina Kristal Rizzo, sta tutto qui. L’opera arriva a Brescia domani sera (giovedì 30 ottobre) alle 20, nella Sala Palcoscenico Borsoni del Teatro Grande (biglietti a 18 euro con possibili riduzioni online e al botteghino): in scena a interpretare la traccia di Rizzo sarà Diana Anselmo, performer sordo bilingue in italiano e Lis. A spiegarci di cosa di tratta è la stessa Rizzo.

Il suo incontro artistico con Diana Anselmo nasce da linguaggi e sensibilità apparentemente diversi: come si è sviluppato il dialogo creativo tra voi nel corso del lavoro?
«Monumentum DA» fa parte di un progetto coreografico che ho cominciato nel 2022 e che interroga le forme della memoria collettiva riflettendo sul dispositivo del monumento, inteso come traccia vivente nella materia corporea. La proposta che ho rivolto a Diana Anselmo è stata di incontrarci tra l’astrazione del gesto danzato e la concretezza del gesto parlante, dare spazio dunque ad una dimensione creativa dove le nostre singolarità potessero co-abitare ed informarsi l’un l’altra. Dato questo punto di partenza, ho proposto a Diana delle pratiche corporee e di scrittura sul corpo così da generare delle tracce coreografiche e allo stesso tempo creare insieme un discorso, un testo, una storia, un movimento da corpo a corpo che mettesse in gioco il rapporto tra i diversi linguaggi (segni e danza), osservando l’erosione dei confini tra i due domini semantici.
In che modo la presenza di un performer sordo influenza o trasforma la percezione del movimento e del suono nello spettacolo?
Un testo che parla senza voce, un testo segnato, è un posizionamento non fonocentrico e non audista che opera sulla scena, senza l’impostura del dover significare altro da ciò che il corpo può e vuole dire. Ciò che emerge con una forza inedita è la dimensione del silenzio, un silenzio che inonda le orecchie e la mente, che fa saltare il monumento al dominio dell’ascolto aprendo nuovi canali dell’immaginazione e rendendo la performance incredibilmente espressiva, emotiva ed accessibile a tutti.

Qual è, secondo lei, oggi il valore politico e poetico del corpo sulla scena, soprattutto quando diventa strumento di comunicazione oltre la parola?
Penso che l’umano abbia la possibilità di essere mondo attraverso la letteratura, la poesia, le lingue, tracce che formano una narrazione in cui la politica di un corpo può fluire in uno slancio vitale. Ogni gesto è la manifestazione di una soggettività e tutte le entità viventi hanno questa possibilità. Si tratta quindi di riconsiderare le potenzialità espressive di tutti i corpi e di aprire uno spazio in cui la diversità è pura espansione di possibilità.
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