Cultura

Confessioni della sclerosi multipla in scena al Vittoriale per la prima nazionale

L'adattamento drammaturgico di «Io e lei» scritto da Fiamma Satta sarà proposto domenica 2 luglio a Gardone Riviera
Fiamma Satta e Giordano Bruno Guerri al Vittoriale - Foto © www.giornaledibrescia.it
Fiamma Satta e Giordano Bruno Guerri al Vittoriale - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

Al Laghetto delle Danze del Vittoriale di Gardone Riviera domani, domenica 2 luglio alle 21 (ingresso libero prenotando su www.eventbrite.it), andrà in scena la prima nazionale del nuovo spettacolo di Fiamma Satta tratto dal libro «Io e lei. Confessioni della sclerosi multipla» edito da Mondadori.

Un adattamento drammaturgico dell’autrice che, sul palco con Melania Giglio in una produzione a cura di Daniele Salvo, assistente Matteo Fiori, offre un punto di vista spiazzante e anticonformista sulla malattia, un vero e proprio inno alla vita.

Con la giornalista Fiamma Satta parliamo della malattia, ma anche di come essa sia, di fatto, un pretesto per riflettere sulla vita e anche sulla scarsa attenzione al prossimo, soprattutto se fragile, che c’è nel nostro Paese. Nel romanzo, come nella pièce teatrale, per la prima volta l’«io narrante» è la sclerosi multipla. Fiamma Satta ha ricevuto la diagnosi nel 1993, nel pieno della vita e dell’attività professionale.

«La prima reazione è la paura. Quella paura dell’ignoto aggravata dal fatto che trent’anni fa la sclerosi multipla era una malattia ancora abbastanza misteriosa - racconta Fiamma -. Di fatto, essa è uno specchio al tornasole non solo per chi ne è affetto, ma anche per la società dove la paura di quello che non conosciamo ci spinge a chiuderci nei nostri piccoli orticelli, rassicurati da chi ha la pelle del colore della nostra, chi la pensa come noi, chi parla la nostra lingua. Ecco, restiamo lì, limitati e rassicurati. La malattia, che sia "spaventevole" o meno, ci mette in discussione». Non è stato facile, per Fiamma Satta, accettarla. Ha faticato moltissimo. «Ma lo sapete che la non accettazione è peggiore della malattia stessa, sia a livello individuale sia sociale? Negli anni non abbiamo fatto altro che rimuovere la fragilità e la morte, all’insegna del più sani e più belli a tutti i costi» racconta.

Il romanzo

Il romanzo, uscito nel 2017, non è stato, però, strumento di accettazione della sclerosi multipla, ma il contrario. L’autrice l’ha scritto solo dopo anni, quando ha vinto tutte le resistenze nei confronti della malattia: «Se posso fare un augurio ai malati, è di riuscire il prima possibile ad accettare la diagnosi, qualsiasi essa sia, perché significa non averne più paura. Finalmente ho potuto guardarla negli occhi e renderla personaggio. Ho potuto farla parlare e agire».

«Un linguaggio aggressivo come la malattia»

Fiamma Satta si emoziona quando parla del Vittoriale e del suo presidente Giordano Bruno Guerri. «Una magia quello che ha saputo fare di quel luogo. Ne sono orgogliosa». Come lo è citando Daniele Salvo, regista di «Io e lei», reduce dal Teatro Greco di Siracusa dove era in scena «La pace» di Aristofane con Giuseppe Battiston. O la pluripremiata attrice Melania Giglio che sarà sul palco del Laghetto delle Danze a misurarsi con lei, la sclerosi multipla, che si confermerà - come nel romanzo - egocentrica come una primadonna, dotata di ironia corrosiva, politicamente scorretta, determinata, irriverente, ingombrante, sguaiata e irascibile. Tanto basta.

«Non poteva essere altrimenti, perché si tratta di una malattia che aggredisce il corpo e il suo linguaggio doveva essere dunque essere aggressivo e volgare, dall’andamento imprevedibile e altalenante, perché lei alterna periodi di quiete ad altri di crisi. Lei è estenuante, foriera di una fatica immane - afferma l’autrice -. Una malattia che io ho strumentalizzato usandola come lente di ingrandimento sulla società di cui prima non avevo compreso il livello di inciviltà. Sia chiaro, però, che nè il romanzo nè lo spettacolo sono sulla sclerosi multipla. È un testo universale sulla malattia, sui nostri limiti, sulle nostre umane paure».

Malattia, dunque, come pretesto. Come una parte del tutto, formidabile strumento di conoscenza della realtà e di se stessi. Satta ricorda che anche le malattie fanno parte di quell’universo rappresentato da ciascuno di noi. Ringraziarle? «Sì, se ti obbligano a scendere in profondità, nelle zone buie del tuo io. Alla fine in cantina ci devi andare e ti accorgi che insieme ad umidità e sporcizia, ci sono anche spiragli di luce. Da lì inizi a scoprirti e a conoscerti, ed è meraviglioso. Se non si ha paura del buio, alla fine si è inondati di luce».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia