Cultura

Con la realtà aumentata splendono i pavimenti a mosaico delle Domus bresciane

Con la nuova digital visitor experience vengono ricostruiti i reperti che furono asportati dal contesto tempo fa
Uno dei mosaici delle domus romane di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Uno dei mosaici delle domus romane di Brescia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Fondazione Brescia Musei e Università Cattolica di Brescia, con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Province di Bergamo e Brescia aggiungono un tassello al mosaico della loro collaudata collaborazione. La metafora non è casuale, dal momento che l’ultimo frutto della sinergia è una «digital visitor experience» in cui la realtà aumentata contribuisce alla ricostruzione di 16 pavimenti a mosaico provenienti dalle Domus bresciane, conservati nel Museo di Santa Giulia.

Il progetto «Proiezioni dal passato» - sostenuto col contributo della Direzione di Sede di Brescia (presente Giovanni Panzeri) e del Dipartimento di Scienze Storiche e Filologiche della Cattolica - ha il suo perno nella valorizzazione del patrimonio musivo della città anche grazie alle potenzialità della grafica computerizzata. Il risultato è infatti visibile tramite la WebApp EasyGuide del Museo di Santa Giulia, scaricabile da smartphone o tablet. Inquadrando l’apposito Qr code il visitatore può dunque esplorare digitalmente il percorso tematico di visita dedicato ai mosaici.

«Partendo dal dato archeologico, si è voluto così offrire al visitatore un’immagine dell’originario aspetto degli ambienti, integrata con ricostruzioni che migliorano la comprensione del tessuto musivo e delle dimore romane» ha spiegato il direttore Stefano Karadjov. A cinque studenti del corso di Archeologia Classica della Cattolica, coordinati della professoressa Chiara Tarditi, è stato affidato il compito di reperire le informazioni relative alla categorizzazione, verificare le date dei ritrovamenti casuali avvenuti nell’Ottocento e delle condizioni del rinvenimento, fino alla collocazione all’interno dell’originaria architettura complessiva. «I reperti databili tra il I e il III secolo d.C. furono asportati dall’originario contesto di rinvenimento» ha infatti precisato la professoressa Tarditi.

Il passo successivo ha riguardato «l’ingegnerizzazione dei dati raccolti dagli studenti, mettendo in relazione i brani musivi col contesto architettonico d’appartenenza» ha specificato Francesca Morandini, conservatore delle collezioni archeologiche di Fondazione. Le ricostruzioni sono state elaborate partendo da un rilievo tramite laser scanner, procedendo ad un’elaborazione fotogrammetrica e alla ricostruzione in 3D degli ambienti. Una restituzione visiva «che come Soprintendenza speriamo sia solo il primo di molti» ha affermato l’archeologa Serena Solano.  

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