Cinema

Il documentario «Brescia Selvaggia» racconta lo zoo in Castello

È stato girato da Matteo Berta «per parlare delle due facce della stessa medaglia, idilliaca per chi ci lavorava, decadente per chi lo visitava». Anteprima su Teletutto
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Lo zoo cittadino nel docufilm "Brescia Selvaggia"
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Si fa fatica persino a immaginarlo, uno scimpanzè scorrazzare per il centro di Brescia. Ma negli anni Settanta tutto era possibile. E un innamorato «Calimero» scese per il Cidneo per fare una passeggiata indisturbato. Arrivò persino in piazza Vittoria, poi fu catturato in una villetta di via Pusterla.

Un altro giorno di quegli anni strani un uomo si presentò in ospedale con una ferita da pantera. Il dottore non volle credergli. Ma lui era uno dei custodi e l’animale l’aveva colpito davvero.

Lo scimpanzè Calimero fuggito in città
Lo scimpanzè Calimero fuggito in città

Con papà, la domenica

I meno giovani lo ricordano: la domenica i bambini, spesso accompagnati dai padri, mentre le madri preparavano il pranzo della festa, salivano in castello per andare allo zoo. A Brescia. Una giraffa, uno scimpanzé, un elefante. E poi cerbiatti, leoni, pantere. Sono istantanee coperte da una patina di polvere, eppure ancora nitide.

Sono trascorsi 36 anni dalla chiusura definitiva dello zoo di Brescia e la sua memoria si fa sempre più fragile. Per qualcuno per fortuna, per altri no. Ma il documentario «Brescia Selvaggia», diretto da Matteo Berta, ha l’ambizione di restituire dignità storica al trascurato giardino zoologico, che ha accompagnato la vita della città per buona parte del XX secolo. In uscita a Natale, il documentario indaga il rapporto complesso e intrinseco tra gli abitanti di Brescia e il regno animale. E lo fa attraverso immagini d’archivio, alcune delle quali inedite, attraverso interviste e ricostruzioni storiche.

Il regista Matteo Berta
Il regista Matteo Berta

Circa 80 minuti di certosino lavoro, anche documentale – grazie agli archivi del Giornale di Brescia, di Teletutto e di privati bresciani. «Ma tutto è partito dai racconti dei miei genitori, che mi descrivevano un luogo decadente ma anche pieno di fascino – spiega il regista -. Ho iniziato a scavare a fondo, a fare ricerche e ho pensato che fosse un buon momento per fare un film». E l’idea di partenza di Berta era «raccontare le due facce della stessa medaglia: una idilliaca da parte di chi lavorava nello zoo, una decadente per chi lo visitava.

Negli anni Ottanta il giardino zoologico ormai cozzava con la sensibilità animalista di quegli anni. Ma volevo anche narrare del Castello come storico luogo di conoscenza scientifica e culturale. Spero e penso di essere riuscito a raccontare tutti questi aspetti in maniera equilibrata, senza prendere una posizione».

Tante voci, tante storie

Così Berta aggiunge al composito mosaico della storia della città un altro tassello. Che finora mancava. E sono tante le vicende clamorose di quegli anni narrate nel docufilm. Non solo la fuga dello scimpanzé «Calimero», ma anche la notte della morte dell’elefantessa con la veglia del custode che non l’abbandona fino all’ultimo sospiro. Ma ci sono anche le proteste dei Verdi incatenati in Castello. Le storie più toccanti però sono proprio quelle dei custodi del giardino zoologico, talmente affezionati ai loro animali da vivere insieme a loro, così legati ad essi da rendersi partecipi di pratiche di eutanasia.

La locandina del documentario
La locandina del documentario

Tante le voci nella pellicola: quelle dei custodi come Vincenzo Bolpagni, quella di Roberto Boni – figlio di Bruno Boni, il sindaco che volle la riapertura dello zoo nel 1955 - quelle degli amministratori come Laura Castelletti e Paolo Corsini. E quelle di tanti cittadini bresciani. Il documentario, che sarà presentato ufficialmente e in anteprima su Teletutto, è nella fase finale del montaggio.

Ma il regista ha già le idee chiare sul sottotitolo di «Brescia Selvaggia»: sarà «Oltre le mura. Una storia da scoprire». Oltre le mura del castello ma anche oltre quelle ideologiche, oltre le mura delle diverse posizioni che hanno diviso la comunità. Un’operazione storiografica che promette di far discutere e di suscitare interesse nei prossimi mesi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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