Camilla Baresani: «Brescia è diventata città esportatrice di cultura»

Questa intervista è parte del progetto «Interviste allo specchio», condiviso con L’Eco di Bergamo e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bresciano e uno bergamasco, realizzate da giornalisti delle due testate. Di seguito trovate l’intervista al personaggio bresciano. Per scoprire il contenuto dell’intervista all’omologo bergamasco, invece, vi rinviamo a L'Eco di Bergamo (in calce all’intervista trovate il link diretto alla pagina dedicata del quotidiano orobico).
«Brescia non è più solo la città dell’industria o della finanza, ma un luogo che produce ed esporta cultura». La scrittrice Camilla Baresani vive tra Milano e Roma, ma nella città in cui è nata conserva radici, relazioni e impegni: è presidente del Centro teatrale bresciano, l’istituzione che fin dagli anni ’70 - con le regie di Massimo Castri, entrate nella storia del teatro italiano - ha iniziato a diffondere nel nostro Paese un’immagine di Brescia diversa da quella di «città del tondino».
Oggi Brescia è con Bergamo «Capitale italiana della cultura». Un titolo meritato?
È strameritato. Negli ultimi 20 anni c’è stato un cambiamento epocale nella gestione culturale della città. Ha agito una serie di forze congiunte: la buona amministrazione, il civismo, la crescita culturale vista anche come motore del benessere degli abitanti. Brescia è una città ricca nella quale anche i cittadini molto benestanti ritengono che lo sviluppo culturale della città in cui vivono sia una forma di benessere, non solo i buoni ristoranti o le belle macchine. E con la Fondazione Brescia Musei, i teatri, le tantissime iniziative e anche l’attenzione al decoro e all’ordine urbano… questo sviluppo è stato fortissimo.
Come è vista la Capitale della cultura a Milano o Roma, dove lei abita?
Molti cominciano a chiedermi notizie e io ne sono felice, perché Brescia in particolare è una città ancora poco conosciuta. Non ha una reputazione di città bella, colta, con musei molto importanti, teatri… Il 2023 sarà un’ottima occasione per farla conoscere di più.
Quale ruolo per il teatro?

Alcuni giorni fa a casa di un produttore cinematografico romano mi ha emozionato vedere su una sedia la locandina di uno spettacolo del Ctb, «Boston Marriage» di David Mamet, che ha debuttato a Palermo il 17 marzo (e sarà a Brescia dal 2 maggio, ndr). Fra i teatri di rilevante interesse culturale, il Ctb è il terzo in Italia negli elenchi del ministero, vuol dire che Brescia è diventata esportatrice di cultura. Ha capacità intellettuali, ideative e produttive per scegliersi temi contemporanei e farli circolare.
È una città che sa fare anche gioco di squadra?
Il Ctb ha attivato molte collaborazioni con Brescia Musei ed è fondamentale questa coesione fra due importanti produttori di cultura bresciani. Non ci sono soltanto il debutto serale o la mostra, ma anche lezioni, visite guidate, rapporti con scuole e università, con il carcere, con il territorio e le sue forze culturali, e inoltre con chi viene da fuori.
Brescia si sta emancipando, o Milano resta il polo d’attrazione?
Il problema nei rapporti con Milano, lo dico da pendolare nata, sono i treni, pochissimi e sempre pieni. È una carenza grave, visto che ormai Brescia, Bergamo e Milano formano una città diffusa e interdipendente: il treno dovrebbe essere visto come una sorta di metropolitana leggera. Questo favorirebbe ulteriormente lo scambio, che è molto importante.
C’è ancora lavoro da fare?
Il lavoro culturale non è mai finito. Ogni giorno va difeso e rinnovato, cercando di cogliere e interpretare l’aria del tempo. Non si può offrire solo la conservazione del passato, bisogna continuamente farlo dialogare con il presente, come avviene ora a Brescia nelle varie forme di performance culturale. Bisogna continuare a studiare per proporre prodotti capaci di dare una voce al proprio tempo. La Brescia del futuro? Se continua una tradizione di gestione illuminata come l’attuale, e per giunta di enfasi sulla cultura della città, Brescia può diventare una piccola Milano. Andrebbe potenziata l’università nei corsi in inglese, perché avere una comunità di studenti dall’estero aiuta lo sviluppo internazionale di una città. Ma se si prosegue in questa direzione, Brescia potrà avere un ruolo da capofila in Italia.
Leggi l’intervista allo scrittore bergamsco Raul Montanari sul sito dell’Eco di Bergamo >>
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