Cultura

Brescia riscopre il suo lato oscuro

Quattro amici hanno inventato una serata in cui divulgare la musica e l'estetica dark, nate negli anni '80.
AA

Brescia torna a flirtare con il lato oscuro. Quello che in Italia si chiama dark e nel resto del mondo è definito goth, ossia una «sottocultura» affascinante, da sempre di nicchia e - forse proprio per questo - mai scomparsa. Il fatto è presto detto. Tre Farfalle Nere della consolle - Marika Steel, Lucretia Borsci, Analogica B Life - e il dj Dandy Noir (tutti nella foto), «ideatore del progetto», hanno dato vita a «The Dark Side Of Brescia», una serata dedicata ai suoni scuri, declinati dal rock all’elettronica, attraverso un concerto e un lungo dj-set a più mani. Il «lato oscuro» va in scena una volta al mese, il primo sabato, dall’inizio dello scorso autunno.

Il luogo scelto è il Lio Bar di via Togni, a Brescia, ma il quartetto ha già proposto la serata anche fuori dai confini della nostra provincia, nel Mantovano e in Veneto. La prossima al Lio è l’8 marzo (sul palco la band al femminile Winter Severity Index, poi dj-set). L’ingresso è sempre gratuito. Dietro ai nomi d’arte ci sono quattro amici che hanno vissuto gli anni Ottanta, culla della cultura dark. Davanti a loro, una volta al mese, balla gente di ogni genere. Dark, appassionati di musica eighties ma pure neofiti. Capita - raccontano - che giovani e giovanissimi fermino una delle Farfalle Nere per chiederle: «Ma qual è la canzone che hai messo prima?». C’è interesse, curiosità, e il circolo virtuoso è alimentato dalla voglia di «Dark Side» di divulgare una musica ed una cultura che non ha grandi spazi di rappresentazione a livello mainstream e che a Brescia, storicamente, non ha mai trovato terreno particolarmente fertile.

Si ricorda, tra gli Ottanta e i Novanta, la discoteca Onyria di Carpenedolo. Principalmente, però, in quegli anni ci si spostava a Milano o verso l’Emilia. La riscoperta del mondo dark, anche da parte dei giovanissimi, è doppiamente interessante se si considera che oggi il rap è il nuovo rock e che l’elettronica commerciale sta vivendo un ritorno di spaventoso vigore dopo gli anni dell’indie-revival (più o meno tra il 2001 e il 2010). Impossibile inquadrare il goth, o dark, in poche parole. Attenendoci al fenomeno in sé, senza addentrarci nelle «derive» o «deviazioni» che nulla hanno a che fare con la scena vera e propria, possiamo tratteggiare un orizzonte culturale che spazia tra le arti e i campi del sapere. L’architettura, naturalmente quella gotica, maestosa, slanciata, imponente e geometrica. La letteratura, dai canti ossianici alle «gothic novel». La filosofia, col nichilismo. Tutto, quando si parla di subculture, sfocia poi nella musica e nella moda. Nel pop (inteso in senso lato) il concetto di goth arriva come trasformazione del punk alla fine degli anni Settanta. Si parla di new-wave, di post punk, di dark-wave elettronica. Alfieri del genere sono Joy Division, The Cure, Siouxsie And The Banshees, Bauhaus, Killing Joke, Kraftwerk e per certi versi Depeche Mode.

Generalizzando, i denominatori comuni sono ritmiche cupe, architetture sonore oniriche, malinconia, testi tormentati cui fanno però da contraltare esplosioni di lirismo romantico di rara potenza e bellezza. Sullo sfondo, anche l’amore per la musica classica. Il look è semplice: vestiti neri, capelli cotonati, trucco scuro (Robert Smith lo utilizzava e lo utilizza anche oggi per aggiungere teatralità alle performance dei Cure), viso sbiancato e rossetto sbavato. I dark si definiscono pacifici, non violenti e non politicizzati. La loro linea di comunicazione si propone come alternativa a quanto c’era prima (rock, punk, prog), e si concentra sugli stati d’animo dell’uomo, inteso come elemento sofferente in una società che non lo comprende. La via dell’introspezione e dell’annullamento della fisicità trovano un canale nel colore nero e nelle sue varie declinazioni simboliche. «Dark - raccontano i promotori della serata - oggi significa essere totalmente liberi di ballare, liberi dalle mode, dalla musica commerciale e da tutto ciò che viene sistematicamente esternato e metabolizzato dalle "masse". Il motore del nostro progetto artistico è la voglia di stare insieme, di condividere e ballare la musica che ci piace. E che vogliamo far conoscere».

Daniele Ardenghi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato