L’artista Donato Piccolo: «Ricreo in una teca il cambiamento climatico»
L’arte che non si limita alla forma, ma si fa energia, vibrazione, esperienza. È in questo spazio liminale che si muove Donato Piccolo, artista romano che da anni esplora i confini tra scienza e poesia, sfidando la materia per svelarne i meccanismi nascosti e trasformando i fenomeni fisici in un linguaggio sensibile e replicabile. Martedì 13 maggio alle 17 sarà ospite della rassegna «Lorem Ipsum» con un incontro dal titolo «Aritmosferica». «Lorem Ipsum. Schegge di ricerca scientifico-artistica» è promossa dall’Accademia di Belle Arti SantaGiulia in collaborazione con Comune di Brescia e Mo.Ca, Centro per le Nuove Culture. A maggio, due incontri a cura delle scuole di pittura e scultura, dedicati alla sostenibilità ambientale. Dopo Piccolo, mercoledì 21, sempre alle 17, «Cantico. Elogi alla terra» con Daniela Zangrando. Entrambi si terranno nella Sala Danze del Mo.Ca. Ingresso libero con prenotazione su accademiasantagiulia.it.
Un’occasione per approfondire il cuore della sua ricerca, che intreccia arte, scienza e filosofia della natura e riflettere sui temi della sostenibilità ambientale, immaginando nuove forme di convivenza tra essere umano e ambiente.
Donato, come nasce il progetto Aritmosferica?
Il progetto «Aritmosferica» è nato nel 2017 per il museo dell’Accademia di Belle Arti di Macerata. Per quest’occasione abbiamo deciso di riprenderne il titolo, perché rappresenta la mia ricerca, che parte dalla volontà di rinchiudere eventi atmosferici in strutture possibili all’uomo. E così ho fatto, per esempio racchiudendo in teca un uragano, in modo che il fruitore dell’opera possa accenderlo e spegnerlo, rendendolo proprio. Mi interessava trasformare un fenomeno ingovernabile in uno a misura d’uomo.
In questo c’è un forte risvolto scientifico...
In realtà io non cerco questo riscontro scientifico, però molti fisici – anche premi Nobel – sono venuti nel mio studio per confutare le loro teorie attraverso le mie opere. Invece di andare alla ricerca di un uragano hanno potuto studiarlo in teca, perché io lo ricreo come in natura attraverso lo sfalsamento di pressione, trasformando l’acqua in vapore e grazie alla pressurizzazione della struttura. Creo un vero cambiamento climatico.
Come nasce la sua poetica?
Ho cominciato studiando l’uomo. Inizialmente creavo sculture che diventavano veri e propri contenitori. Poi ha cominciato a interessarmi quello che c’era intorno, quindi non più l’uomo, ma l’aria che lo circondava. Da qui sono passato ai fenomeni fisici, fino poi alla manipolazione delle meccaniche dei circuiti elettronici, alla robotica e agli automatismi che potessero creare un sistema di causa-effetto, introducendo un’azione controllata. Dall’azione controllata sono voluto passare a quella imprevedibile e l’ho fatto con l’intelligenza artificiale. Ma il mio obiettivo non è scientifico, è umano. Attraverso la tecnologia voglio capire l’uomo.
Può farci un esempio di una sua opera che utilizza l’intelligenza artificiale?
Sì, una è proprio in mostra alla galleria Giampaolo Abbondio di Milano. S’intitola «Lullaby». È un ragno gigante alto più di due metri dotato di intelligenza artificiale. Gli ho fissato un solo obiettivo: quello di riuscire ad uscire dalla stanza. E lui ci ha provato in tutti i modi, anche strisciando per terra. Il problema è che ha avuto anche comportamenti aggressivi per arrivare a questo risultato. Non si poneva problemi etici. L’intelligenza artificiale se le dai un obiettivo può arrivare a sovrastare l’uomo. Fortunatamente poi si è dimostrata più calma di quanto poteva essere.
A Brescia porterà una di queste installazioni?
Porterò un televisore Mivar anni Settanta dotato di un sistema di riconoscimento che comunicherà con il pubblico attraverso frammenti di film.
Cosa significa per lei fare arte nel contesto contemporaneo?
L’artista fin dal passato ha usato i mezzi che aveva a disposizione. Oggi il mondo ci offre utensili più interessanti. Ma dietro c’è sempre un lavoro sullo spazio, sul tempo, sull’uomo, sull’esistenza. È sempre lo stesso obiettivo, attraverso linguaggi differenti. Accostarsi alla New media art è una fonte stimolante che offre tanto stupore. L’artista diventa quasi un prestigiatore: una persona che fa uscire il coniglio dal cappello e tu non capisci come fa.
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