Cultura

Anna Coccoli, figure meccaniche e volti dalle favelas brasiliane

Una parabola artistica raccontata dalla mostra a Palazzo Martinengo: 120 fra dipinti, sculture, disegni e opere polimateriche
Anna Coccoli, «Ragazza indios con tucano» (part., 1983 circa), acrilico su carta, 138x176 cm
Anna Coccoli, «Ragazza indios con tucano» (part., 1983 circa), acrilico su carta, 138x176 cm
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È la prima mostra monografica italiana dedicata alla bresciana Anna Coccoli (1929-2014) e si propone, attraverso 120 dipinti, sculture, disegni e opere polimateriche, di raccontare e valorizzare l’intera parabola artistica dell’autrice, figlia del pittore e decoratore Eliodoro Coccoli. Nemo propheta in patria, verrebbe da dire, anche pensando alla corposa antologica che le fu dedicata nel 1984 dal Museo d’Arte di San Paolo del Brasile. Fino ad oggi.

Un’occasione per colmare il gap culturale la fornisce infatti la mostra «ANNA COCCOLI (1929-2014). Artista bresciana del Novecento», curata da Davide Dotti per l’Associazione Amici di Palazzo Martinengo. Si tratta di 120 opere suddivise in sette sezioni, tematiche e cronologiche: si parte dalle tele giovanili degli anni Cinquanta e Sessanta, influenzate dalla lezione di Guttuso, Migneco, Morlotti e del bresciano Stagnoli, quando Coccoli apprese i primi rudimenti del mestiere nella bottega di quel padre, che fu figura di spicco nel panorama artistico bresciano. Le tele ritraggono vendemmiatori, taglialegna, contadini, vasi di fiori, ma anche - dopo il 1964, complice l’industrializzazione imperante - gruppi di donne e classi operarie sullo sfondo di periferie e fabbriche.

Figura meccanica, opera in alluminio laccato su tavola (1972), 150x185 cm
Figura meccanica, opera in alluminio laccato su tavola (1972), 150x185 cm

Segue la sala dedicata alla svolta radicale avvenuta in Anna Coccoli a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando le composizioni dell’artista sono lamiere, bulloni e materiali industriali in alluminio laccato, assemblati su tavola con un gusto che denota lo studio tanto di Fernand Léger e Fortunato Depero, quanto delle estroflessioni di Bonalumi e Castellani. Fanno parte di questo periodo le serie di grande formato «Figure meccaniche», «Forme nello spazio» e «Composizioni meccaniche».

Donne in giardino con gatti. Acrilico su tela (1993), 190x220 cm
Donne in giardino con gatti. Acrilico su tela (1993), 190x220 cm

Segue - tanto nel percorso di mostra quanto nella vita di Coccoli - il periodo brasiliano. Dopo aver raggiunto a San Paolo l’amato fratello maggiore Aldo (di cui è esposto il manifesto «Visitate Brescia» del 1930, raffigurante la Vittoria Alata), Coccoli per oltre un ventennio stabilì in Brasile il proprio atelier. È qui che torna alla figurazione per rappresentare l’umanità, la miseria e la violenza osservata nelle favelas. «Donne brasiliane», «Carnaval», «Bambini sulla spiaggia»: i toni si fanno grigio e ocra, la resa monumentale delle figure è finalizzata a condensare le energie primigenie delle donne incontrate nel Nuovo Mondo e che la portarono a riflettere su come «A Brescia ero vissuta in un salottino».

Corposa e pregevole è la sezione dedicata alle grafiche di piccole dimensioni, in cui si trovano riassunti i due macro-filoni dedicati alla figurazione umana e alle macchine, delineati con carboncino, acquerelli e pastelli su carta e comprensivi di quella libertà che la pittura su tela o l’assemblaggio di lastre non consentono. Il Brasile e i grandi formati tornano nella sala dedicata ai volti di donne ritratte nei sempre più frequenti soggiorni a San Paolo. Figure ai margini della società, madri povere con bambini e le giovani indios della foresta amazzonica: Coccoli ritrae visi con punti di vista differenti - frontale, di profilo, ruotati, ma tutti in colori terrosi con qualche accenno di bianco - distorcendo i tratti fisiognomici per enfatizzare la mancanza di cibo e l’umanità di sguardi non corrotti dal consumismo.

Nel 1994 Coccoli stupisce tutti e torna nella natia Brescia. A questo periodo risale la ricomparsa del colore e le grandi tele del ciclo «La storia notturna»: pittura acrilica impastata a polveri di quarzo e sabbia, che nell’uso di accesi gialli, rossi e blu e nell’articolazione delle silhouette ricordato gli esiti della Transavanguardia di Mimmo Paladino. Tale sperimentazione dei materiali proseguirà per tutto il decennio e fino agli anni Duemila, come testimoniano i bassorilievi realizzati impastando acqua, colla vinilica e sabbia «Donne», «Nudo», «Donne sulla spiaggia» influenzati dall’Art Brut d’area francese. Infine l’ennesima, repentina deviazione avvenuta nel primo decennio del nuovo millennio, quando Coccoli recupera nuovamente il colore ma abbandona ogni riferimento alla figurazione in favore di quel dripping portato alla ribalta delle cronache artistiche dall’espressionismo astratto di Pollock.

 

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