Andrea Delogu: «Idee da condividere sui miei 40 anni»

I compleanni sono spesso occasione per guardare alla propria strada, quella fatta, e quella che si apre davanti. A maggior ragione lo sono quelli da cifra tonda, come i 40 anni per una donna, che si fissano lungo un vissuto talvolta libero, tal’altra indirizzato più o meno consapevolmente da contesto, cultura, e da una serie di tanti altri aspetti.
Così è stato anche per Andrea Delogu, attrice, conduttrice, speaker radiofonica e scrittrice che venerdì 11 novembre, alle 21, sul palcoscenico del Centro Lucia di via Dante Alighieri, a Botticino Sera, per la regia di Enrico Zaccheo, porterà in scena il suo monologo «40 e sto», sottotitolo «Manuale di sopravvivenza alla maleducazione sentimentale», scritto in collaborazione con Alberto Caviglia e Rossella Rizzi. Biglietti a 20 euro l’intero, e 18 il ridotto per residenti a Botticino, under13 e over 65, con prenotazioni (anche via whatsapp) al 340.3913752. Abbiamo intervistato l’interprete.
Andrea Delogu, come nasce il suo spettacolo e come si sviluppa?
Nasce da considerazioni che ho fatto, arrivata ai 40 anni: mi sono voltata, ho visto quanto era successo, e il tutto mi ha fatto sorridere, ma pure ragionare. Mi sono detta: «Lo vorrei raccontare, vediamo se qualcun’altra si sente come me». Sostanzialmente è una condivisione. Ci sarà molto ironia, sarà uno spettacolo partecipativo, con il pubblico che sarà coinvolto, e che proporrà considerazioni con un punto di vista femminile, ma che saranno per tutti. E io spero che si possa tornare a casa con un po’ più di speranza nel mondo.
Lei si muoverà tra esperienze pescate dal suo privato, e tra ossessioni, mode, paletti. Perché si fa così fatica ad accettare che le donne siano molto di più degli schemi in cui le si vorrebbe incasellare?
Credo che sia una questione insita nella nostra società, che arriva da lontano, veicolata da una certa comunicazione. Ma credo molto nelle nuove generazioni, ho un fratello di 15 anni, e vedo che è molto più libero da schemi e preconcetti di quanto non lo siamo noi, che facciamo, anzi, più fatica. Poi, tra i tanti, c’è chi non ci sta e prova ad andare oltre.
Tv, radio, scrittura, lei sperimenta molti linguaggi: al teatro come è arrivata?
L’ho studiato per molti anni per fare televisione, a Roma ci sono arrivata per quello, ma ad un certo punto ho capito che i superpoteri del teatro erano dentro di me. È la base da cui si parte per raccontare, per capire ciò che si prova. E quando «40 e sto» ha cominciato a prendere forma nella mia testa, ho compreso che era per il palcoscenico.
Perché il sottotitolo «manuale di sopravvivenza alla maleducazione sentimentale»?
Ci crescono facendoci credere che ci siano regole anche dei sentimenti, che ci siano dei paletti imposti: quella è la mal-educazione, e una ri-educazione non solo è possibile, ma può essere anche molto divertente, quanto meno ci si può dare una possibilità "altra" e nuova.
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