Cultura

Alla Festa di Radio Onda d'Urto il rock dei Verdena tra furiosa solennità e nonsense

Oltre 4.000 mila spettatori presenti per il trio bergamasco che ha messo in vetrina l’ultimo disco «Volevo magia»
  • Festa di radio Onda d'Urto: il concerto dei Verdena e dei Sick Tamburo
    Festa di radio Onda d'Urto: il concerto dei Verdena e dei Sick Tamburo
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AA

Un bel ritorno per i Verdena, che sull’asse Bergamo-Brescia hanno sempre riscosso un successo notevole. Anche se forse qualcosa non ha funzionato al meglio in termini di amplificazione e ritorno del suono (che è ricco e stratificato), ieri sera a Festa Radio, oltre 4.000 spettatori hanno abbracciato il trio bergamasco, che - dopo l’opening act dei mascherati e furenti Sick Tamburo - ha messo in vetrina l’ultimo disco «Volevo magia», con una scaletta più equilibrata e intrigante di quella invernale.

Spazio allora per i richiami beatlesiani di «Paul e Linda», il pezzo che ha avviato lo show, e poi per «Loniterp» e «Logorrea», in bilico tra noise e psichedelia. Quindi la cavalcata incendiaria e caotica di «Cielo super acceso» e la ieraticità dark e anagrammatica di «Dialobik», con la musica che fagocita le parole in misura anche maggiore rispetto al solito. Ma c’è pure la singolare «Lui gareggia», che nel titolo e nello sviluppo riecheggia l’intuizione (inarrivabile) di Pier Paolo Pasolini che in «La ricotta» fece dire a Orson Welles «Egli danza… egli danza» in riferimento allo stile di Fellini. 

D’altronde se il rock dei Verdena, in tutte le sue possibili declinazioni (alt, post, hard…) cerca, e sovente trova, furiosa solennità, i testi sono schizzati e surreali fino a lambire il nonsense (quando addirittura non lo incontrano) e paiono talvolta contenitori dove depositare citazioni, aspirazioni, aneliti, illusioni perdute, sussulti. Mentre l’atmosfera si arricchisce a tratti con passaggi strumentali in cui le voci fanno capolino come ulteriori suoni e non per aggiungere significati.

Se «Dentro Sharon» recupera il mood degli esordi rivisitato con la consapevolezza di oggi, c’è un trittico lugubre e potentemente distorto («Fuoco amico», «Crystall Ball», «Don Calisto») quale preludio allo stoner «Sui ghiacciai», ballata straniante con sovrapposizioni vocali, tra coro di montagna e gregoriano intinti nell’acido e reiterati in loop deformanti. «Scegli me» cambia registro con la sua psichedelia morbida, la stessa che nell’incipit cantilenante mostra “Il Gulliver”, che però poi esplode in riff fragorosi. E tutti cantano, in coda, «Il volvonauta» e «Pascolare», inno anti-omologazione

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