Cultura

Albertino: «Formidabili gli anni di Deejay Time»

I 35 anni della Time Records e di amicizia con Giacomo Maiolini: ne parla il noto dj
Deejay Time - The best of
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«Ci incontrammo per la prima volta nel 1984, quando Giacomo mi propose di suonare alla discoteca Marmellata di Mestre. Io, che pure già lavoravo a Radio Deejay, di fatto esordivo in un locale come guest star. Da allora le nostre vite scorrono su binari paralleli, che però s’incontrano spesso e volentieri: non per caso il programma che mi ha fatto conoscere si chiama "Deejay Time"». Albertino, al secolo Sabino Alberto Di Molfetta, uno dei più celebri disc jockey e conduttori radio-tv italiani, ricorda così la nascita del sodalizio artistico con Giacomo Maiolini, che dura da 7 lustri e che si è trasformato in amicizia.

Trentacinque sono anche gli anni di Time Records, label creata da Maiolini, che partendo dalla nostra città ha conquistato i mercati (musicali) di mezzo mondo: festeggerà l’anniversario il 26 settembre con un evento cittadino i cui contorni si stanno definendo in questi giorni (i dettagli anticipati nel post su Instagram che vedete qui sotto). Con Albertino abbiamo approfondito il rapporto con la realtà bresciana.

 

 

Com’era Maiolini a quell’epoca?
Fisicamente distante da quello di oggi, e non esattamente il tipo di persona che mi sarei aspettato di incontrare. Aveva un look sobrio, alla Steve Jobs, ben diverso da quelli sfoggiati dal popolo della notte di metà anni 80. Ma si rivelò il più appassionato di tutti, con un grande fiuto e una tempra da pioniere.

Qualcuno pensava che «Deejay Time» fosse un’estrinsecazione di Time Records?
Non pochi, e forse lo sembrava. Giacomo portava in radio, a getto continuo, promo e vinili da lanciare. A volte non è stato facile comportarsi con il dovuto distacco professionale; ma essendo stata la Time la prima etichetta italiana a credere fortemente in un certo sound, lo spazio che riceveva era meritato. La sua selezione musicale aveva un impatto in tutta Europa.

 

 

Al punto da determinare il successo o la caduta di un brano?
In buona parte, sì. La disco music era la grande novità di quegli anni e, non trovando spazio sulle radio di stato, ha fatto la fortuna delle radio private che ci hanno creduto e viceversa. Negli anni ’90 il fenomeno è esploso, generando l’epoca d’oro del genere.

Dopo aver contribuito al consolidamento di Radio Deejay, guidata da suo fratello Linus, dal 1º aprile 2019 è direttore di Radio m2o. Come procede la nuova avventura?
È una scelta che desideravo fare da tempo, e i risultati sono superiori alle aspettative. Radio Deejay si era spostata verso l’intrattenimento, io sentivo il bisogno di ricreare un contesto più legato alla musica che mi piace. Ma sono rimasto in famiglia (le due emittenti fanno parte dello stesso gruppo, ndr). Quando ha inventato il leggendario Marco Ranzani da Cantù, aveva in mente un modello preciso? È uno stereotipo, e contiene personaggi debordanti, che tutti abbiamo conosciuto. È buffo, ma nel tempo ho incontrato varie persone che si vantavano di essere l’originale: in realtà, si tratta di un collage, e dentro ci sono pure dei bresciani.

 

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